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010Francisco Benìtez

RI/SCATTI
Donna Inés ha perso la scarpina

NOTO


5/30 luglio 2015

h 10.00/13.00 – 17.00/20.00
Salone delle Feste di Palazzo Nicolaci di Villadorata

via Corrado Nicolaci

Inaugurazione domenica 5 luglio ore 19.00
con degustazione di vini della 
Cantina Barone Sergio,

ambientazioni musicali con l’arpista Antonella Furian
e performance di pittura ad encausto

Con il contributo critico di Ornella Fazzina

CATALOGO IN MOSTRA

a cura di Vincenzo Medica / Studio Barnum contemporary

www.franciscobenitez.com/
www.studiobarnum.it
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CITTA' DI NOTO /ASSESSORATO ALLA CULTURA – STUDIO BARNUM contemporary

international art project
painting/photo/video/installation

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Domenica 5 luglio, alle ore 19, a Palazzo Nicolaci, a cura dell'Assessorato alla Cultura del Comune di Noto ed a cura di Vincenzo Medica/Studio Barnum contemporary, verrà aperta al pubblico la mostra di Francisco Benìtez "Ri/scatti, donna Inés ha perso la scarpina". Con il contributo critico di Ornella Fazzina, le ambientazioni musicali con l'arpista Antonella Furian, la degustazione dei vini della Cantina Barone Sergio, si assisterà ad una serata di alto contenuto artistico e scientifico. Un pittore colto ma anche un fotografo, un narratore ma anche un ricercatore, Francisco Benìtez è questo e molto altro e nelle sale del piano nobile di Palazzo Nicolaci, ogni stanza sarà una scoperta della storia che ci propone, due donne a confronto, l'aristocratica e la serva, entrambe prigioniere della loro condizione. Le mura, i mobili, i dipinti antichi del palazzo nobiliare prenderanno vita e in un percorso articolato ci condurranno fino alla scarpina perduta, simbolo dell'ultimo orpello verso la libertà. Lei, l'aristocratica, rappresentata con le tecniche antiche, la pittura dell'ottocento e la riscoperta di ben più antichi metodi raffigurativi ( uno su tutti l'encausto, cera calda, usata già nell'antica Grecia, e che verrà praticamente mostrata da Benìtez con una performance domenica), la serva attraverso le fotografie ed altre tecniche più moderne. "Sono felice di tornare ad esporre a Noto e di mostrare i frutti della mia costante ricerca sull'arte; amore e passione trasmessa da mio padre che dalla Spagna emigrò negli Stati Uniti, nel New Mexico per la precisione, dove ha sposato mia madre, indiana d'America. Io sono cresciuto in una riserva indiana e quando è morto mio padre ho sentito la necessità di conoscere il suo Paese d'origine, e lì la mia passione per l'arte è esplosa". Tra opulenza e volontà di far emergere dall'oblio le figure su cui si poggiavano le antiche società. "Ri/scatti" sarà visitabile dal 5 al 30 luglio 2015, tutti i giorni dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 17 alle ore 19,30 a Palazzo Nicolaci di Villadorata. 

Noto, lì 3 luglio 2015

Ufficio Stampa
Emanuela Volcan




Luoghi e tempi che si incontrano e si contaminano. Questo è il coagulo di intrecci, fra storia individuale e generale, locale e globale, temi politici ed esistenziali che parla e prende forma attraverso RI/SCATTI , progetto artistico di Francisco Benitez in mostra a Palazzo Nicolaci. 
Suggestioni e atmosfere dell’aristocrazia spagnola coloniale in Messico, le storie di un secolo, il XVIII°, che attraversando l’Oceano, dal Continente latino-americano arrivano all’Europa e alla Sicilia. A Noto. Un ponte ideale che riconnette, ricrea contesti e allarga il campo visivo e umanizza un tessuto storico e sociale, una pagina solo apparentemente voltata. 
La mostra di Benitez ha ora l’andamento di un intimo dialogo, ora quasi il ritmo narrativo di una saga familiare, un confronto fra l’artista e il suo passato con la complicità del visitatore e la vibrazione del luogo che lo ospita e che sceglie di modularsi attraverso più linguaggi, forme ed espressioni. Francisco Benitez: un artista che la città di Noto si onora di ospitare e che impreziosisce la proposta artistica e culturale di Effetto Noto 2015 
Ringrazio ancora una volta Studio Barnum per la qualità della sua presenza, l’attenzione e la cura dei luoghi e la grande professionalità nel campo dell’arte a Noto maturata nel tempo. 

L’Assessore alla Cultura
Cettina Raudino


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RITRATTI DI IERI E DI OGGI
Il progetto di Francisco Benitez prende spunto da una storia personale che si snoda su un palinsesto composto da dipinti, disegni, fotografie, video e installazioni. La principale fonte d’ispirazione di questa mostra deriva dalla storia della nonna, mandata in collegio all’età di otto anni, e il suo conseguente distacco dalla gente della sua terra e dalla sua famiglia. Francisco ha trascorso lunghi periodi con lei in Nuovo Messico, poiché i genitori per lavoro si erano trasferiti in America alla fine degli anni sessanta. Dopo gli studi al liceo indiano e successivamente in Spagna e in Francia e dopo la dipartita del padre e della nonna, egli ha dato ascolto ad una necessità interiore pensando “ad una mostra che esplorasse le complessità, le sfide e le ricompense che derivavano dall’essere cresciuto in una famiglia multietnica e multiculturale. Avendo vissuto nei luoghi più vari e disparati, questo progetto è per me, in un certo senso, il modo di riconciliare tutte queste identità per esplorare questo commovente ed affascinante passato che unisce molti di noi che siamo figli di quegli incontri primordiali tra coloni e nativi”.
Nella vita accade sempre qualcosa di particolare, se si hanno occhi attenti per osservare. E’ successo a Francisco nel 2013 al Prado colpito dal ritratto di Maria Luisa di Parma, futura regina di Spagna dal 1788 al 1808, eseguito da Anton Raphael Mengs che ritrasse la maggior parte dell’aristocrazia del tardo XVIII secolo. Più tardi venne ritratta anche da Goya, al tempo in cui divenne la personificazione della decadenza della corte spagnola al tempo delle invasioni napoleoniche. 
Da qui ha origine il progetto che analizza temi quali l’aristocrazia, la bellezza, le classi sociali, la schiavitù, il dominio coloniale e il loro impatto sulla società multietnica di oggi. L’artista, in questa mostra, ci racconta una storia, quella di un’aristocratica spagnola che arriva nel Nuovo Mondo e si trova al cospetto di una domestica nativa d’America che diverrà complice della vita segreta di Donna Ines. La mostra è imperniata sulle figure della serva e della nobildonna. Le opere in mostra tessono la storia della domestica all’interno di una famiglia coloniale: l’esperienza di affrontare una nuova situazione riaffermando la propria identità fino alla lotta per emancipare se stessa in modo immaginario o reale. Il percorso espositivo costituisce la memoria di quei pensieri, della sua battaglia. Altra protagonista è Donna Ines, la nobildonna che spende le sue giornate fumando la pipa, come facevano le donne aristocratiche di quel tempo, tirando su la propria famiglia solo per trovare se stessa segretamente vulnerabile e sperduta in questo Nuovo Mondo e in un ambiente a lei nuovo. La sfida di Francisco in tutto questo è quella di decifrare il carattere dell’aristocratica e nel contempo analizzare la personalità della serva. 
Nonostante le ovvie implicazioni politiche del progetto, esso approda ad uno spazio estetico che rivela un’immagine più complessa della semplice dinamica tra oppressione/repressione, padrone/schiavo. Esso intende infatti addentrarsi anche tra i canali della complicità e la rete di interconnessioni tra i vari personaggi, contemplando sia quelli in posizione di privilegio che quelli ad essi subordinati.
La singolare mostra, che parte da esperienze del proprio vissuto per essere poi arricchita da fatti immaginari, ha l’obiettivo di enunciare le storie di ognuno di noi, risultato di complesse strutture relazionali che Francisco Benitez tratta con una tecnica esaltante per quanto concerne la fedeltà al dato oggettivo, ma riesce anche a decostruire la realtà facendo affiorare comunque il tratto psicologico della persona raffigurata. La capacità è tale da potersi muovere con disinvoltura su registri linguistici differenti che mettono in luce la padronanza dei mezzi che restituiscono attraverso un bisturi pittorico il particolare, il dettaglio, la cura maniacale, così come la sintesi formale creata con poche pennellate. Artista del proprio tempo che sa essere un “archeologo” della pittura antica sconfinando in altri campi, tecniche, linguaggi, egli riesce con questa mostra a far intendere bene qual è la sua idea di contaminazione, di meticciato culturale e artistico, affrontando sotto una nuova veste un tema politico. E’ questo un diverso modo di esprimersi che orienta la ricerca verso una riflessione sullo stesso concetto di fare arte. Il soggetto in primo piano, il paesaggio sullo sfondo, a volte dal sapore novecentista o metafisico, innesta un dialogo felicemente riuscito tra quelli che sembrano scarti temporali, enfatizzati da un apparire familiare e allo stesso tempo estraneo al contesto. Un gioco interessante tra il risolto e l’enigmatico è ciò che si legge in filigrana nel suo lavoro. Nella sua personale cifra stilistica si fonde la riflessione sul tempo, sul ricordo, sul virtuosismo tecnico, dove la scelta formale, del soggetto, della struttura compositiva dà spazio a immagini silenziose, in cui memorie personali e suggestioni confluiscono in una dimensione narrativa fortemente attraente. In questa carrellata che guarda a forme settecentesche e procede con un vocabolario che mutua immagini di primo Novecento per poi continuare con lavori installativi dei nostri anni, forse si vuol sottolineare, nonostante tutto, il prezioso e intimo bisogno di vivere la forma, in tutte le sue declinazioni, omaggiandola e non biasimandola.
Ornella Fazzina
 
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Biografia
Francisco Benítez è nato nel 1967 a Taos, New Mexico e risiede a Santa Fe, sempre in New Mexico, dove dipinge i suoi soggetti ispirati a Caravaggio. La sua vita e il suo lavoro sono segnati da svariati influssi – catalani, castigliani, portoricani e americani – e dai suoi svariati soggiorni – in Campania, Sud della Francia, Spagna e New Mexico. Benítez ha studiato filosofia al St. John's College di Santa Fe, all’ Art Student's League (New York City), NYU, alla Facultad de Bellas Artes di Granada, Spagna e si è diplomato (BFA) in Belle Arti e Storia dell'Arte alla University of New Mexico, Albuquerque.Benítez trae ispirazione soprattutto da Caravaggio, che ha rivoluzionato la pittura drammatizzando l’espressione grazie ad una nuova concezione della luce e dando rilievo psicologico ai soggetti raffigurati. Continuandone la tradizione artistica, Benítez riafferma attraverso le sue opere la necessità di esprimere con la pittura il pathos della condizione umana e le caratteristiche effimere della umana fragilità. Oltre all’influenza di Caravaggio le opere di Benítez risentono degli artisti del barocco spagnolo, come Zubaran e Velasquez, della scuola napoletana di Artemisia Gentileschi e del grande interprete del colore Jusepe de Ribera. I suoi soggetti spaziano dai nudi alle figure drappeggiate su sfondi teatrali, dai ritratti ai polittici.La sensibilità artistica dell’artista ha trovato, nei soggiorni italiani, nuovi percorsi espressivi nella riscoperta degli affreschi tardo romani di Pompei e di Ercolano. Le opere di Francisco Benítez sono esposte in numerosi musei e gallerie negli Stati Uniti e in Europa.
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L’opera colta di Francisco Benitez concentra la propria attenzione alle correnti figurative che dall’era greca conducono all’arte contemporanea: suoi principali riferimenti la pittura tardo ellenistica e romana, il caravaggismo e le correnti pittoriche che nel XVII secolo hanno operato tra l’Italia meridionale e la Spagna e che oggi continuano ad influenzare determinati generi figurativi (neofigurativismo, pittura colta, anacronismo), la pittura metafisica di matrice dechirichiana e le sue evoluzioni fino ai nostri giorni. La ricerca di Benitez, anche concettuale, é tesa a dare una ampia visione allo spettatore contemporaneo sottolineando, in particolare nella sua produzione ritrattistica, il ruolo imprescindibile e senza tempo della costruzione dell’immagine. L’uso di tecniche antiche, tradizionali, come la pittura ad olio e l’encausto ben consentono all’artista di porre l’accento sulla materia come parte integrante della rappresentazione; occorre tuttavia sottolineare il fondamentale ruolo svolto dal disegno e dalla costruzione scenica, che costituiscono elementi di forte impatto nelle opere di Benitez. L’ utilizzo di una fonte di ispirazione quale i ritratti funerari ad encausto del Faiyum, e, l’antica tecnica di lavorazione in tetracromia (tavolozza a quattro colori), ottenuta attraverso la miscela di pigmenti e cere lavorate a caldo, conferisce all’opera ritrattistica un patos, un’emozione atemporale, che risulta allo stesso tempo antica ed estremamente contemporanea; approfondendo l’indagine psicologica del soggetto Benitez esagera certi tratti fisiognomici per eviscerarne la meta-emotività e l’archetipo dell’individuo. I ritratti funerari femminili egiziani, a cui il pittore s’ispira, erano infatti opere che da un lato esaltavano le modelle rappresentate evidenziandone la classe sociale e la famiglia di provenienza, rendendo, al contempo, una particolare analisi introspettiva che appare oggi il profilo di maggiore modernità di tali opere. Per tale via Benitez indaga e analizza il ruolo, la vita, la sofferenza dell’uomo nel mondo contemporaneo filtrandolo attraverso l’esame storico della società in cui l’arte ha sempre svolto un ruolo fondamentale. 
 
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Vincenzo Medica   architetto | designer | direttore di scena
Studio Barnum   contemporary
NotArte   artisti associati del Val di Noto
 
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