Sei su Telegram? Ti piacciono le nostre notizie? Segui il canale di SiciliaFan! Iscriviti, cliccando qui!
UNISCITI

Quello della carne cangerogena, com'era prevedibile, è diventato una sorta di allarme sociale. Per cercare di dirimere i dubbi, e soprattutto evitare la psicosi, Il Fatto Quotidiano ha intervistato Anna Villarini, biologa esperta di Scienza dell’Alimentazione. La Villarini è conosciuta anche per la sua partecipazione programma di Rai Tre "Elisir". Da medico-nutrizionista ha anche pubblicato un libro dal titolo chiarissimo: Prevenire i tumori mangiando con gusto.

 

E’ sorpresa della notizia?
La notizia non è certo nuova. Ma certo ci deve preoccupare. Quando la ricerca parla di carni conservate intende salumi, carni in scatola e cotte. Noi sappiamo già dal 2007, ma già c’erano studi precedenti, che le carni conservate sono associate a tumore dello stomaco, sia per la presenza di conservanti che vengono aggiunti che si trasformano in cancerogeni all’interno dello stomaco, sia per la presenza eccessiva di sale che è un fattore di rischio. Quindi, come per gli zuccheri, andiamo a guardare bene gli ingredienti riportati in etichetta e scegliamo quelli che non hanno la presenza di sali di nitrito e di nitrato che si chiamano anche E249, E250, E251, E252.

E allora, scusi, dove sta la novità?
Ora è uscito un nuovo documento del Fondo mondiale per la ricerca sul cancro che ha evidenziato proprio questo aspetto confermando quegli studi e l’indicazione a evitarne il consumo.

Ecco, evitarne il consumo. Ma che significa, dobbiamo svuotare il frigo e abolire carni e salumi?
Se vogliamo tradurre l’indicazione in termini di popolazione vuol dire ridurlo fortemente: una carne conservata si può consumare una volta al mese.

Carni, ma quali carni?
Le carni rosse, tra le quali anche l’agnello che non rientra normalmente nella percezione delle persone, che sono il manzo, i suini, la vitella.

Buoni che fanno male…
C’è da poco da scherzare, purtroppo. Il rischio è aumentato e potenziato dalle metodiche di cottura.  L’affumicatura, la grigliatura, la braciatura che favoriscono la formazione di sostanze cancerogene. L’affumicatura, sia chimica che naturale, ma anche la brasatura forma ammine eterocicliche e la grigliatura idrocarburi policiclici aromatici che sono tutte sostanze classificate dallo Iarc, l’agenzia internazionale addetta a codificare le sostanze cancerogene in classe A, la più alta cancerogenicità.

Si sapeva già.
Solo che di quando in quando queste analisi escono sulla stampa in modo più corretto e quindi le persone se ne accorgono. Il punto è che le carni rosse, oltre che per la cottura sono di per sé un fattore di rischio per tumore del colon dovrebbero essere consumate veramente poco e invece sono entrate in maniera preponderante sulle nostre tavole.

E invece dovrebbero essere un’eccezione.
Si. E quando si dice di cucinare la carne si dovrebbe consumare questi cibi con abbondanti quantità di verdura che non siano le patate, verdure e cereali integrali ci proteggono un po’ dal contatto di queste sostanze con la mucosa intestinale.

Gli italiani a questo punto dovrebbero cambiare abitudini. Ma c’è un’industria alimentare che spinge fortemente per il consumo di questi prodotti. Come si fa a non penalizzarla?
Intanto iniziamo col dire che la carne non fa parte della dieta mediterranea. Ci si è infilata nel tempo. Il punto è che poi si è superata la misura. Oggi purtroppo c’è un’industria alimentare che mette tantissimo in commercio, a basso costo e scarsa qualità. In Italia ci sono sperimentazioni per fare salumi senza utilizzarli e ottenere lo stesso risultato di conservazione a lungo termine. Purtroppo quelli in commercio li contengono ancora, così come le carni in scatola. Bisognerebbe riqualificare, fare delle carni buone, dei buoni allevamenti, aumentare il prezzo così le persone comprano di meno. Non si può continuare a spingere verso una produzione di alimenti di bassa qualità e di basso costo che fanno male alla salute. Le persone oggi hanno il potere in mano di scegliere il prodotto di qualità migliore. E questo influenza il mercato.


Fonte: Il Fatto Quotidiano