Sei su Telegram? Ti piacciono le nostre notizie? Segui il canale di SiciliaFan! Iscriviti, cliccando qui!
UNISCITI

Si narra che nella chiesa di Santa Maria Assunta di Augusta, ricostruita dopo il tragico terremoto del 1693, furono messe in opera due grandi statue, poste a decorare i basamenti dei contrafforti a spirale all’estremità della facciata.

Si narra che le statue raffigurassero il patrono San Domenico, e San Giuseppe, da sempre venerato nella città.

Si narra anche che per più di duecentocinquant’anni gli abitanti di Augusta, transitando in piazza del Duomo, potessero ammirare le statue, oppure scrutarle appena, con disinteresse; ma comunque che per tre secoli le due statue fossero parte integrante dell’immaginario collettivo religioso, marker identitario e “presenza” incondizionata. Come a dire, “esse sono lì, e ci sono sempre state”.

Si narra infine che a seguito di un altro drammatico sisma, quello del 13 dicembre 1990, le suddette statue venissero rimosse per ragioni di sicurezza e di potenziali crolli – come già verificatosi per la statua di S. Domenico durante il terremoto del 1848.

La storia dei due simulacri dei Santi Domenico e Giuseppe è quindi intrinsecamente legata ai due terremoti principali: il primo li ha “donati”, l’altro li ha sottratti.

statue-chiesa-madre-ex-plastjonica-augustaLa narrazione continua, e nel 1991 le effigi dei Santi, non appena spostate, furono inserite in cassoni di allumino riempiti di poliuretano espanso per proteggerle dai contraccolpi che avrebbero subito nel trasporto verso una ubicazione più sicura. La sede prescelta fu quella dell’ex Plastjonica.

Si racconta che dai cassoni, aperti superiormente, spuntassero le due teste, in balia dell’incuria e delle intemperie, come moderni ed inquietanti “Prigioni” michelangioleschi, in uno stato di “detenzione” coatta.

Nell’ultima parte del racconto si narra anche che assieme alle statue, la campana civica e le quattro “fiamme” acroteriali in pietra vennero altrettanto rimosse. Di questi ultimi, solo la campana è stata sistemata all’interno della chiesa Madre; le fiamme decorative pare siano andate perdute – come si possano “perdere” così degli elementi architettonici del ‘700, questo lo ignoro.

Tornando al tempo presente, le statue dei Santi sono avvolte nel “mistero”: si potrebbe tranquillamente affermare che non esistano, e che quei cassoni siano pieni di pietre, o rifiuti. Ignare le persone nate dopo il 1990, non al corrente della loro esistenza, mentre i nati precedentemente a quella data hanno solo nebulosi ricordi, oppure non ricordano affatto.

Misteri misteriosi a parte, è davvero così complicato poter pensare ad una collocazione più adeguata di cassoni arrugginiti per l’unica decorazione scultorea del prospetto della chiesa più importante della città? Sembra che quando si metta insieme in un’unica frase le parole “Augusta” e “Beni culturali”, si vada incontro a conflitto d’interesse, incompatibilità e problematiche insormontabili. Perché, se in ragione della tutela si rimuovono delle statue dalla facciata di una chiesa, si può a ben ragione pensare di trovare una soluzione in tempi e modi sostenibili.

Sulla questione, alcuni si sono espressi su una possibile collocazione originaria; altri hanno proposto invece una sistemazione nel sagrato della Chiesa Madre. Molti hanno rigettato entrambe le proposte: la prima a causa della fragilità della pietra in cui sono realizzate; l’altra a causa della distorsione prospettica praticata dagli scultori dell’epoca perché poste a distanza e in alto.

La mia proposta, allora, è questa: perché non fare un rilievo digitale (Laser scanner 3D) delle due statue per poi riprodurle nei minimi particolari e in scala 1:1 in un materiale più resistente e leggero (resina bicomponente)? Queste riproduzioni, fedeli nei dettagli e nel colore, potrebbero essere ricollocate nella posizione originaria, mentre le due statue settecentesche potrebbero essere temporaneamente conservate all’interno della chiesa Madre, in attesa di una possibile musealizzazione nel Museo Civico di Augusta (tace 1972-2016).

Speranzosi che non si debba attendere un altro sisma per rivederle.

di Carlo Veca

(Foto di Salvo M. per La Gazzetta Augustana.it)