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In Italia cresce il rischio terrorismo. In particolare, la minaccia jihadista è "concreta e attuale". Inoltre il paese è "oggetto dell’attività propagandistica ostile dell'Isis e continuano a essere presenti nel suo territorio soggetti radicalizzati – tra i quali 'islamonauti' italofoni – o comunque esposti a processi di radicalizzazione".

È quanto scritto nella relazione annuale dell’intelligence. In più viene segnalato "il pericolo  rappresentato dagli estremisti homegrown, mossi da motivazioni e spinte autonome o pilotati da 'registi del terrore'".

In altre parole, in Italia si vive una stagione di italiani che tendono a radicalizzarsi e che se prima andavano a combattere le guerre dell’Isis all’estero adesso restano nel paese con il rischio che complottino dall’interno. Una situazione che già altri paesi hanno vissuto in maniera maggiormente massiccia, a cominciare dalla Gran Bretagna.

Nella relazione si parla anche di immigrazione con il rischio della ripresa delle partenze dalla Libia. "La netta  iminuzione percentuale dei flussi provenienti dalla Libia non può ancora dirsi indicativa di una definitiva inversione di tendenza. Ciò a causa della resilienza e della flessibilità dei network criminali e anche in ragione del permanere di profili di criticità che potrebbero contribuire ad una ripresa delle partenze alla volta del nostro paese".

Il documento sottolinea "la presenza in Libia di una quantità rilevante di migranti (l’Oim ne ha registrati oltre 600mila); la fragilità perdurante di quel quadro di sicurezza, tuttora segnato dall’attivismo di numerose milizie in costante competizione; l’assenza di controlli efficaci in ampie aree della regione sahelo-sahariana, dominio di locali aggregazioni su base tribale spesso coinvolte, direttamente o indirettamente, nel traffico migratorio; il grado elevato di corruzione".