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L’isola Ferdinandea è una vasta piattaforma rocciosa posta a circa 6,9 metri sotto il livello del mare.

Essa costituisce i resti di un apparato vulcanico che emerse nel 1831, nel Canale di Sicilia, tra Sciacca e l’isola di Pantelleria. A seguito dell’eruzione sottomarina dell’Empedocle, la piattaforma si innalzò dall’acqua formando un’isola, la quale crebbe fino a una superficie di circa 4 km² e 65 metri di altezza.
Ma l’isola ebbe vita breve, perché a conclusione dell’episodio eruttivo, nel gennaio del 1832, l’isola scomparve definitivamente.
Nel periodo in cui era elevata, si presentava con una forma tronco conica per via della sua attività vulcanica; la superficie era esclusivamente di tipo roccioso, formata interamente da materiale residuo, come la tefra.

Altre manifestazioni dell’attività vulcanica sopra la superficie marina, furono i due laghetti sulfurei, costantemente in ebollizione, situati all’esterno del vulcano.
Recenti ricerche oceanografiche hanno affermato che, con i vicini banchi Terribile e Nerita, il banco ferdinandeo costituisca uno dei coni accessori del vulcano sottomarino Empedocle, la cui sommità raggiunge una superficie di 30 metri quadrati, e una profondità variabile dagli 8 ai 12 metri.

I primi resoconti sull’attività sottomarina dell’area risalgono alla Prima Guerra Punica. Isole temporanee apparvero e scomparvero alcune volte nel corso del XVII secolo, rimanendo in superficie solo per breve tempo.
L’Isola Ferdinandea, chiamata inizialmente Graham, sorse a seguito di alcune scosse sismiche di fortissima intensità, che vennero avvertite fino a Palermo, e causarono gravi danni alla costa sud-occidentale della Sicilia. Il 7 luglio successivo al terremoto, F. Trifiletti, capitano della nave Gustavo, riferì di aver avvistato un isolotto alto circa 8 metri, che sputava cenere e lapilli. La completa emersione dell’isola avvenne però nella notte fra il 10 e l’11 luglio 1831, quando, dopo una scossa d’assestamento, il vulcano sottomarino finì con l’eruttare i detriti e la lava che formarono la nota piattaforma di circa quattro chilometri di circonferenza per sessanta metri d’altezza.

La notizia del nuovo lembo di terra, si diffuse così rapidamente, che esso venne subito preso d’assalto da studiosi; il primo a giungere sul posto fu Karl Hoffman, docente di geologia presso l’Università di Berlino. Il professore, dopo un’accurata ricognizione, riferì i risultati in una lettera pensata per il duca di Serradifalco. Altri importanti studiosi furono gli inglesi Warington Wilkinson Smyth e Edward Davy.

Il governo aveva intanto inviato sul posto il fisico Domenico Scinà. Successivamente, il professor Carlo Gemmellaro, docente di Storia Naturale presso l’Università degli Studi di Catania, ne fece una relazione circostanziata, che suscitò l’interesse di molti uomini appartenenti alla cultura scientifica, del tempo. Ma l’isoletta incuriosì soprattutto gli intellettuali stranieri, e richiamò l’attenzione delle potenze europee, che cercavano punti strategici, nel Mediterraneo, per le loro flotte mercantili e militari.

In quel periodo,l’Inghilterra si trovava nelle acque occupate nei pressi della curiosa formazione; dopo un’accurata ricognizione, la Nazione prese possesso dell’isola: il 24 agosto il capitano Jenhouse vi pose la bandiera britannica, e chiamò l’isola “Graham”, nome utilizzato ancora oggi in cartografia per indicare il banco sottomarino costituente. Ma gli abitanti del Regno delle Due Sicilie, non stettero a guardare: assieme al capitano Corrao, le proteste giunsero alla casa borbonica; Corrao propose di rinominare l’isola con il suo nome, e chiese che vennero inoltre presi provvedimenti contro il sopruso Anglosassone.

Il 26 settembre dello stesso anno la Francia, per contrastare l’azione inglese, invia il brigantino “La Fleche”, comandato dal capitano di corvetta Jean La Pierre. A seguito di approfonditi rilievi e ricognizioni durati quattro giorni, i francesi sostennero che l’isola, non poggiando su una base consistente, si sarebbe potuta inabissare bruscamente.
Come gli inglesi, anche i francesi approdarono sulla sua vetta senza chiedere permesso a re Ferdinando II, e la ribattezzarono ‘Iulia’, in riferimento alla sua comparsa avvenuta nel mese di luglio, ponendovi bandiera e targa a futura memoria.

Constatando l’interesse internazionale che l’isoletta aveva suscitato, Il re Ferdinando II di Borbone inviò immediatamente sul posto la corvetta bombardiera Etna. Una volta messo piede sull’isolotto, il capitano Corrao piantò la bandiera borbonica, affibbiando all’isola un nuovo nome, quello di ‘Ferdinandea’, coniato in onore del sovrano.
Non passò molto tempo che il pronostico francese cominciò ad avverarsi.
Verso la fine d’ottobre del 1831, il governo borbonico informò i governi di Gran Bretagna e Francia dell’accaduto, ricordando che dal momento che si trovava in acque siciliane, la nuova terra apparteneva alla Sicilia. Tuttavia, i due governi non risposero e fra di essi si scatenò una fredda quanto intensa guerra.

Il 7 novembre di quell’anno, l’inglese Walker, capitano dell’Alban, misurò l’isola, che risultava ridotta ad un quarto di miglio. Il 16 novembre se ne scorgevano soltanto piccole porzioni e l’8 dicembre il capitano Allotta, del brigantino Achille, ne constatò la scomparsa.
Nel 1846 e nel 1863 l‘isoletta riapparve ancora in superficie, per poi scomparire nuovamente dopo pochi giorni.
Col terremoto del 1968, le acque circostanti il banco furono viste intorbidirsi e ribollire; l’isoletta non riemerse come ci si aspettava, ma venne segnalato un movimentarsi, nelle acque internazionali, di alcune navi britanniche. A scanso di equivoci, i siciliani posero sulla superficie del banco, una targa in pietra, a conferma che l’isola appartiene alla Sicilia. Lo stesso discorso si ripeté nel 2002, quando un gruppo di sommozzatori piantò bandiera tricolore sulla sua sommità.

Nel 1986, il ‘pizzo’ dell’isola fu erroneamente scambiato per un sottomarino libico e colpito da un missile della U.S. Air Force.
Nel mese di settembre del 2006, una spedizione subacquea della LNI di Sciacca e del Dipartimento della Protezione civile Siciliana, coordinata dal professor Giovanni Lanzafame dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania, ha posizionato un sensore di pressione sulla sua vetta, per il monitoraggio dell’importante attività sismica della zona.
Tra il 17 e il 21 luglio 2012, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha lanciato la sua prima campagna di monitoraggio sottomarino dell’area, effettuando rilevamenti ad alta risoluzione sopra il Banco Graham e i banchi Terribile e Nerita. Questa ispezione ha stabilito la presenza di 9 crateri vulcanici, a cui dovrebbero corrispondere altrettante eruzioni.

L’isola Ferdinandea viene citata nel libro “Un filo di fumo” di Andrea Camilleri: su di essa infatti finirà il piroscafo russo “Tomorov” in arrivo a Vigata. Di essa ne parla inoltre Jules Verne nel suo “Le mirabolanti avventure di mastro Antifer”.

Autore | Enrica Bartalotta