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MESSINA – La Corte dei Conti ha condannato Angelo Arancio, medico responsabile del reparto di ortopedia dell’ospedale di Milazzo a risarcire l'azienda sanitaria di Messina con 485.000 euro. Come riporta "La Gazzetta del Sud", i fatti risalgono al 1988. A un paziente, Stefano Principato, a causa di un incidente stradale i medici dell’ospedale di Milazzo ingessarono la gamba destra in modo non adeguato tanto che dopo un ricovero d’urgenza a Bologna fu necessario amputare l’arto.

Per il paziente e i familiari si è davanti a un caso di malasanità, tanto che hanno citato in giudizio chi guidava l’auto e l’allora Usl 43 di Milazzo, poi confluita nell’azienda sanitaria provinciale di Messina. In più c'era il nome di Angelo Arancio medico, e responsabile del reparto di ortopedia dell’ospedale di Milazzo, per ottenere il risarcimento dei danni subiti. Il Tribunale di Messina in sede civile condannava nel 2003 a risarcire Principato con 612.000 euro.

Anche in appello la sentenza veniva sostanzialmente confermata e il giudice ripartiva “la responsabilità dell’evento dannoso nella misura del 90% a carico di Arancio e dell’Usl e del 10% a carico dei coniugi che avevano provocato l’incidente”. L’Azienda Sanitaria Provinciale di Messina nel 2014 ha pagato la somma di 485 mila euro a Stefano Principato e agli eredi.

Secondo quanto accertato dalle sentenze in sede civile, il medico aveva negligentemente ignorato "che la gravità della situazione imponeva un’estrema cautela operativa e un assiduo monitoraggio dello stato di irrorazione arteriosa nel territorio dalla lesione; verifica resta impossibile dall’apparecchio gessato inopinatamente e superficialmente collocato dall’ortopedico, che con imperizia aveva realizzato l’immobilizzazione in doccia gessata, senza lasciare libera la parte posteriore della gamba e del piede per consentire un’attenta sorveglianza della circolazione", si legge nella sentenza.

Secondo i giudici "il danno è interamente attribuibile all’odierno convenuto che ha agito con marchiana superficialità, non essendovi i presupposti per addossare parte di questo danno all’ente sanitario. Gli stessi consulenti, però, in difformità a quanto adombrato dal Tribunale hanno accertato, come già esposto, che nella struttura fosse presente e funzionate l’apparecchiatura per il doppler, tanto che l’esame con tale strumento diagnostico, unitamente alla consulenza cardiologica, fu disposto non appena richiesto dal dott. Arancio; tale richiesta era, però, ormai tardiva a causa della già irreversibile compromissione dell’arto".