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Il 24 novembre 2014, Valentina Pilato gettò la figlia nel cassonetto uccidendola. Per questo la donna è accusata di omicidio volontario e premeditato. Adesso, come scrive "LiveSicilia", emergono nuovi particolari: la Pilato "non sarebbe stata capace di intendere e di volere al momento del gesto e nemmeno nei tre giorni precedenti".

A sostenerlo sono i consulenti della difesa. I dottori Antonio Francomano e Alessandro Meli affermano che la donna "aveva una grave sofferenza psicologica già prima di sapere che era incinta. Almeno nove mesi prima del tragico gesto. La signora percepiva un isolamento affettivo. Nell'immediatezza dei fatti, rileggendo le perizie, abbiamo avuto l'impressione che la signora raccontasse l'evento come se non fosse successo a lei. Si è instaurato il meccanismo difensivo della scissione".

Il giorno prima del parto, Valentina Pilato era tornata a Palermo con un volo anche perché non sapeva di essere giunta già al nono mese e credeva di essere al settimo. Almeno così ha sempre detto. Avrebbe nascosto la gravidanza al marito perché sapeva che non sarebbe stata ben accetta. La giovane poi partorì di notte e gettò la bimba nel cassonetto. La donna ha sempre detto di averlo fatto perché credeva che la neonata fosse morta.

Per i consulenti della difesa non ci sarebbe stata né lucidità al momento del gesto e nei giorni precedenti, né quindi premeditazione. "Aveva uno scarso controllo della realtà ed era in uno stato di anestesia affettiva – aggiungono i dottori – Era depressa con comportamenti psicotici".