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Il quotidiano torinese La Stampa ha pubblicato un interessantissimo articolo intitolato "Soldi, trivelle, bilanci. Le promesse tradite del Movimento Cinque Stelle". Parole e propositi rimasti lettera morta. Qui di seguito riportiamo per intero il pezzo a firma di Jacopo Iacoboni. 
 

Il cambiamento della regola (ma anche i comportamenti diffusi) sui soldi nel Movimento cinque stelle è ormai qualcosa imposto dalla brutale realtà dei fatti. Ma anche su altre cose, per esempio il sì o il no alle trivellazioni, o il dogma etico, prima che politico, della trasparenza di bilancio, è in corso una mutazione complessiva del progetto che non può lasciare inerte il francescano Casaleggio. E certo non può esser taciuta inneggiando alla «svolta pragmatica» del Movimento.  

Sui soldi, innanzitutto, lo spirito francescano del Movimento delle origini sta in effetti andando a farsi benedire. Molti degli eletti interpretano, diciamo così, assai elasticamente l’invito a restituire una parte fissa dell’indennità e il più possibile dei rimborsi (come dimostrano anche tante delle buste paga, una delle quali – quella di un senatore del marzo 2015, che ha goduto di 11461,31 euro netti, altro che 3 mila – abbiamo pubblicato sulla Stampa ). Ma i casi di rivolta dalla appassionata base militante ancora esistono. In Liguria un gruppo di 30 militanti ha firmato una lettera durissima contro Alice Salvatore – la candidata del Movimento alle ultime regionali – protestando contro due «scandali», parole loro. Ne è seguita, racconta Emanuele Rossi sul Secolo XIX, un’assemblea con moltissima gente, anche semplici elettori. «Vi siete impegnati a trattenere per voi al massimo 2500 euro, siamo già al terzo stipendio e non si è vista una restituzione delle eccedenze e una rendicontazione». Le accuse portano firme e facce ben conosciute in Liguria, Fernando Bornetto, Marika Cassimatis (candidata non eletta alle europee), Stefano Camisasso (ex portavoce del gruppo comunale a Genova). 

È vero che sullo sfondo di tutto questo c’è una battaglia interna in vista delle prossime amministrative (Savona nel 2016 e Genova nel 2017), posti in cui il M5S ha ottimi sondaggi (a Genova è il primo partito), e molti dei firmatari della lettera erano stati candidati trombati alle ultime regionali, dunque ce l’hanno con la Salvatore perché lei s’è presa tutta la scena e i rapporti con Grillo, forte di 17 mila preferenze; ma è anche vero che le cose che denunciano sono fattuali, non smentite dalla Salvatore. Che infatti in conferenza stampa dice giustificazioni incredibili: «Da tre mesi sto segnando tutti gli scontrini su un quaderno, se volete lo posso esibire. La promessa di ridurci lo stipendio è un’arma politica contro i nostri avversari, anche se i parlamentari non si riducono a 2500 euro netti ma a 5000 lordi, che è di più. Ci vuole tempo per capire come fare la rendicontazione, in Piemonte hanno iniziato la restituzione solo dopo un anno dall’elezione. Seguiremo pedissequamente le direttive dello staff». Dove par di capire che anche coi parlamentari le cose sui soldi non sono del tutto a posto: e qui chi può darle torto? 

Il secondo «scandalo», accusa la base ligure, è la nomina di Nadasi – il commercialista di fiducia di Grillo – nella finanziaria ligure (storia sollevata proprio dalla Stampa). La replica è lunare. Andrea Melis: «Abbiamo scelto Nadasi perché ci è arrivato solo un altro curriculum». Strano, il posto era abbastanza appetibile. 

E altrove? A Ragusa, in quello che è uno dei più grandi snodi dell’estrazione petrolifera, crocevia di interessi industriali (in particolare dell’Eni), i cinque stelle avevano sempre detto no trivelle, e ricevuto i voti su questo. Poi prendono il Comune e che fanno? Sbloccano le trivellazioni. L’autorizzazione era stata data da giunte precedenti, ma toccava al Comune guidato dal cinque stelle Federico Piccitto sbloccare, con delibera tecnica, le opere edilizie necessarie a supporto della trivellazione. Si poteva non sbloccare quelle opere. A Ragusa – dinanzi alle perplessità (eufemismo) di attivisti di tutta Italia – avevano sempre rassicurato i militanti che non ci sarebbe stata questa delibera. Invece in tre giorni, all’inizio dell’estate, dietrofront clamoroso: la delibera c’è. Rivolta corale, grande scandalo, che arriva a Roma, e poi alla Casaleggio; ma Piccitto (sostenuto da Cancelleri) sul blog si difende alla democristiana, nascondendosi dietro il dirigente tecnico: «Si tratta di una questione che coinvolge esclusivamente la competenza del dirigente comunale». E quindi, signori, si trivelli pure. 

A Livorno, semplicemente, i consiglieri M5S non votano il bilancio consolidato del sindaco M5S (Nogarin): mancava il piccolo particolare dei conti dell’azienda dei rifiuti Aamps, che ha ormai un deficit di oltre 20 milioni. Massima trasparenza, s’era detto. Qualche militante che ci aveva creduto c’è.