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Quello degli Antichi Rimedi Siciliani è un capitolo corposo, fatto di storia e saggezza popolare. Anni addietro per curare i malanni che affliggevano le vie respiratorie e la gola ci si affidava a San Biagio. Santo che si festeggia il 3 febbraio. Mese freddissimo per noi abituati all’afa e caldo africani.

Ma, al di là di questo, cosa facevano le nostre nonne per curare i propri figlioletti malati?

Una prima tecnica alquanto strana consisteva nello stringere attorno al collo del malato un filo di spago, ma solo dopo che lo stesso spago fosse stato posto attorno alla gola della statua del Santo (san Biagio). Anche se come rimedio naturale mi sembra per nulla efficace, almeno il malato ci avrebbe guadagnato un amuleto.
Si racconta di persone che una volta indossato non lo avrebbero tolto più, anche se ormai sporco e sfaldato.

Al filo di spago solitamente si aggiungevano altre cure come i gargarismi con decotto di “ruvettu di San Franciscu” (albero di lamponi) o acqua e aceto o acqua e limone o acqua e miele.
In caso di catarro e di voce fioca, inoltre, si potevano prendere o una tisana d’origano al 2% o si inghiottivano degli spicchi d’aglio. 3 o 4 durante la giornata.

Poi vi erano delle cure esterne che potevano essere applicate attorno alla gola. Si ricordano una calza riempita con crusca, sabbia o della cenere calda.

E nel caso in cui tutto fosse stato inutile? Allora interveniva il barbiere con eventuale salasso!

Il laccio della vipera

Una stranezza poco poco crudele era quella che prevedeva di catturare una vipera ed ucciderla un venerdì di marzo. La vipera veniva appesa per il collo e lasciata all’aria a dissecare. Durante questa procedura l’animale emetterebbe una bava dalle magiche proprietà curative.

Di Viola Dante

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