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Le malattie cardiache sono ancora il grande killer in Europa, Italia compresa, e nella sola Unione Europea fanno due milioni di morti l'anno. E in più costano anche 196 miliardi di euro l'anno alla collettività. È questo il tema del più grande appuntamento al mondo sul cuore, il congresso dei 30mila  medici della European Society of Cardiology(Esc) che si svolge a Roma in questi giorni e parla con i numeri: in Italia le malattie cardiovascolari rappresentano il 44% della mortalità, e costano circa l'1,3% del prodotto interno lordo.

È un evento che mette allo scoperto un sistema inefficace, un sistema che funziona bene nel salvataggio dei malati, ma è tutto da rivedere nelle fasi determinanti della prevenzione. Lo spiega lo stesso presidente dell’European society of cardiology, Fausto Pinto: "Sebbene la mortalità per le malattie cardiovascolari stia calando, la metà dei decessi in Europa è dovuta al cuore e alle incidenze cardiovascolari: siamo molto bravi nel trattamento delle malattie ma c’è qualcosa che non funziona nella prevenzione".

E i numeri italiani, sottolinea anche l’ex presidente dell’Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri Michele Gulizia, preoccupano e parlano di una situazione di stasi, con statistiche che sono scoraggianti e restano ferme al basso: "Se in Italia le malattie cardiovascolari rappresentano quasi la metà della mortalità e costano oltre un punto di Pil, il dato preoccupante è che nell’ultimo decennio l’incidenza di mortalità non è cambiata, mentre è raddoppiata quella dell'angina pectoris".

Comunque, in ospedale, di cuore si muore meno di prima. "I migliori progressi del settore sono stati fatti sul fronte della mortalità intraospedaliera, ma rischiamo di perderli a causa dei tagli che hanno ridotto drasticamente il numero delle divisioni di cardiologia. È vero, si muore di meno in ospedale, ma aumenta la mortalità dei pazienti che sono tornati a casa perché spesso la dimissione è precoce, causa mancanza di posti letto, oppure perché non è possibile permettersi i farmaci prescritti", dicono gli esperti.

"Una buona prevenzione, da sola, potrebbe evitare almeno la metà delle malattie. C’è un grande lavoro di educazione da fare sugli stili di vita, dalla dieta al fumo. Dobbiamo lavorare con i pazienti, con il pubblico in generale ma anche con istituzioni e con le industrie: stiamo cercando di farlo ma il lavoro è solo all'inizio", fanno notare in coro.