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Foto di Zoran Mariovic

Il Monte Pellegrino è un promontorio di roccia calcarea, situato nella provincia di Palermo. Oggi parte della Riserva naturale orientata a cui dà il nome.

Il massiccio, alto 609 metri, racchiude a Nord il Golfo di Palermo, e a Sud il Golfo di Mondello.
Ha i ripidi fianchi caratterizzati da grotte e fratture di origini antichissime. I numerosi fenomeni carsici, fanno sparire le acque, che filtrano nei suoi anfratti per poi riapparire come sorgenti in superficie. Il monte fu menzionato da Polibio come Ercte o Eircte, perché durante la Prima Guerra Punica, nel 247 a.C., il cartaginese Amilcare Barca vi pose l'accampamento che tenne testa ai Romani di Panormus (la odierna Palermo).

Il monte venne amato soprattutto dai molti artisti e scrittori del Romanticismo, che affollarono le sue pendici in quel periodo. Nel Settecento, il monte era diventato, a Occidente, confine di ville suburbane e tenute di caccia, a Oriente di borgate, tonnare e ville. Ma fu nell’Ottocento, che s’iniziò a intravedere un potenziale turistico nel massiccio montuoso; come testimoniamo i progetti dell'architetto comunale Damiani Almeyda e i diversi progetti privati che volevano creare sul monte e nei suoi pressi, una stazione turistica d'élite per villeggianti stabili e ospiti stranieri alla ricerca del mare.

Oggi, il Monte Pellegrino è una località molto frequentata dagli sportivi, soprattutto dell’area di Palermo. Le due strade che portano alla vetta sono molto frequentate dai ciclisti e dai trail runner. In marzo si svolge infatti l'Ecotrail, un evento che raduna centinaia di podisti, camminatori ed escursionisti, fino alla sua cima. Inoltre non è raro vedere alpinisti che praticano l'arrampicata. In passato, la strada che la percorre veniva utilizzata anche per gare automobilistiche.

Di fondamentale importanza però, geologica, naturalistica, e anche storica, è ciò che sorge alle due pendici.
Primo fra tutti, le Grotte dell’Addaura, rilevante reperto rupestre dell’Età Preistorica.
Le grotte, situate nella zona nord-orientale del massiccio, erano cavità a uso abitativo, nel Paleolitico e nel Mesolitico. Oggi non sono visitabili, ma al loro interno sono stati rinvenuti preziosi rilievi conservati presso il Museo Archeologico Regionale “Antonio Salinas” di Palermo. Oltre ai primi strumenti in selce e ossa di animali, sono stati scoperti, quasi per caso nel corso della Seconda Guerra Mondiale, importanti incisioni rupestri che raffigurano scene di caccia, e che testimoniano la presenza di esseri umani nelle cavità. Di particolare rilievo sono due figure sui cui gli storici ancora discutono, che dovrebbero suffragare l’ipotesi di un qualche rito sciamanico.

Il ciclo figurativo delle Grotte dell’Addaura è di particolare interesse internazionale; per la cura posta nella rappresentazione scenografica delle ambientazioni, ed essendo arrivate a noi pressocché intatte, sono le uniche cavità ad aver permesso un’ottima analisi della cultura e delle abitudini del tempo.

A 429 metri d’altitudine, si apre il Santuario di Santa Rosalia, il luogo dove, secondo la leggenda, la Santa Patrona di Palermo si rifugiò. Qui, si dice che un pastore ne ritrovò le ossa, ossa che oggi vengono portate in processione dal 1625. La facciata del Santuario, composta da un vestibolo con tre arcate, che poggiano su tre colonne tortili, accoglie l’edicola che ospita un simulacro in marmo della Santa. Su una delle tante lapidi, viene ricordato anche il pellegrinaggio, intrapreso da Goethe, nel 1787, durante il suo “Viaggio in Italia”.
Una curiosità: nei 25 metri che costituiscono le profondità della grotta, trasuda acqua, ritenuta miracolosa. Essa viene raccolta dai doccioni, canali di scolo che conducono l’acqua presso i lati e sul fondo.

Ma il massiccio montuoso è anche di interesse naturalistico, paesaggistico e geologico. La riserva di 1.050 ettari che lo ospita dal ’96, protegge infatti numerose specie botaniche autoctone: come la palma nana, il fico d’India e l’erba perla. Oltre ad ampie aree di gariga e di macchia mediterranea, il sito ospita splendide orchidee e una fauna piuttosto ricca, caratterizzata soprattutto da 40 specie di uccelli, tra cui il barbagianni e il falco pellegrino, e da endemismi come il Discoglosso dipinto, un anfibio dal manto giallo-grigio, e il rospo smeraldino siciliano, che si riproduce nei pressi del Gorgo di Santa Rosalia, parte, assieme al noto Santuario, dell’area protetta.
Sempre all’interno dell’area protetta, è possibile visitare numerose strutture che risalgono all’era borbonica, come la Palazzina Cinese, realizzata da Giuseppe Venanzio Marvuglia, e le Scuderie Reali, oggi sede del Museo dell’agricoltura del Comune. L’area protetta include infatti anche il cosiddetto Parco della Favorita, la prima area verde di Palermo, nonché la più estesa, primo esempio di area protetta, voluto da Ferdinando I di Borbone (Ferdinando III di Sicilia), nel XVIII secolo.

Autore | Enrica Bartalotta