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01Prevenire è meglio che curare, ma quando non si interviene in tempo, curare è necessario. A dispetto di ciò che si potrebbe credere però, anche la cura potrebbe essere una malattia.

Secondo l’associazione “Slow Medicine” ci sono alcuni esami e farmaci che non sarebbe necessario fare, o prendere. Un eccesso di zelo, un’arcaica abitudine, possono cioè portare i medici a prescrivere ai propri pazienti analisi e medicinali che in realtà non servirebbero, o che potrebbero, addirittura, provocare un danno per la salute.

Anche la pressione farmaceutica e il desiderio di ‘accontentare il cliente’ possono essere motivazioni che invitano i medici a predisporre analisi e trattamenti che possono portare il paziente vicino ad un inutile rischio per la salute; ma secondo lo slogan dell’associazione senza fini di lucro, volta ad educare i cittadini verso una medicina più equa e sostenibile, “fare di più non significa fare meglio”.

Le radiografie ad esempio, non sono un esame medico totalmente innocuo. Dato che espongono il corpo a radiazioni ionizzanti, è il caso di farle (e prescriverle) soltanto se veramente necessario. Ci sono poi dei test, come quello indicato per individuare l’HPV che non sono del tutto esatti: primo, perché è relativo solo ad alcuni ceppi del virus, secondo, perché registra un alto tasso di falsi positivi, ovvero di risultati in cui la malattia sembra esserci e invece non c’è. Stesso discorso, ad esempio, per il test dell’HIV.

Questioni come questa possono portare il paziente ad allarmarsi inutilmente, con il risultato che l’ansia, altri esami inutili e quindi conseguenti spese inutili, possono portare ad una condizione di stress.
In alcuni casi addirittura, eccedere nella diagnosi significa andare a solleticare una malattia che altrimenti non avrebbe dato fastidio; è il caso dello screening PSA, che ha indotto molti uomini a trattare tumori della prostata anche quando non necessario.

L’insonnia ad esempio, è uno di quei disturbi particolarmente diffusi ma anche sovramedicati.
Meglio non esagerare con le benzodiazepine, medicinali che rientrano nella classe degli psicofarmaci ma che vengono usati per calmare e quindi indurre il sonno. Stesso discorso per lo zolpidem, lo zaleplon e lo zopiclone, che vengono soprattutto prescritti agli anziani, con conseguenze spesso e volentieri catastrofiche.

Farmaci di questo genere andrebbero indicati solo in casi estremi, per un periodo non superiore alle quattro settimane, e comunque fissando un incontro volto alla rivalutazione dei dosaggi e della cura. Benzodiazepine e farmaci Z sono in grado ad esempio, di aumentare il rischio di cadute e dunque fratture, per non parlare del fatto che tendono a perdere efficacia nel tempo, con il risultato che chi le utilizza sviluppa una tendenza ad assuefarsi, o, peggio ancora, ad incappare nelle conseguenze da accumulo: confusione, perdita di memoria, mancanza di lucidità.

Numerosi sono anche gli effetti collaterali e i sintomi causati dalla cosiddetta “sindrome da sospensione”. Prima di arrivare ad assumere una cura così potente, bisognerebbe tentare vie più semplici, meno dannose, che possono essere altrettanto efficaci.

Ad esempio, evitare il caffè già a partire dalle tre del pomeriggio. Se fai attività fisica, non farla dopo cena, perché l’adrenalina messa in circolo non ti farà dormire facilmente. Decidi un orario consono in cui andrai a letto e spegni tutti i dispositivi luminosi: oltre a distrarti, computer, tivù, tablet e smartphone emettono una fonte di luce che è proprio ciò che porta il nostro corpo a non dormire; dedicati ad un’attività riposante come la lettura di un libro, infine stimola la produzione naturale di melatonina spegnendo tutte le luci. A cena non mangiare molto e prediligi cibi che possano conciliare, piuttosto, come il latte tiepido o le noci, ricche di triptofano. E se proprio tutto questo non dovesse funzionare, prima di arrivare ai farmaci Z, prova con alcuni rimedi naturali, come la valeriana o la melatonina.

Anche il bruciore di stomaco è una condizione che viene trattata con eccessivi medicamenti. Spesso, un dolore acuto alla bocca dello stomaco è solo sintomo di difficoltà digestive o ansia, problemi che possono essere trattati modificando il proprio stile di vita; a tavola ad esempio, senza bisogno dunque di ricorrere agli IPP, gli inibitori della pompa protonica, medicinali volti a ridurre la produzione di succhi gastrici.

Mangiare lentamente masticando bene potrebbe essere il primo passo; il secondo potrebbe essere quello di valutare la perdita di peso o smettere di fumare. Meglio evitare cibi e bevande che possano indurre o acuire l’acidità: come i fritti, gli insaccati, gli alimenti piccanti o le bibite gasate. In caso di pesantezza, spesso basta un cucchiaio di magnesia o di bicarbonato, oppure un blando antiacido.

Gli IPP sono, oggi, tra i farmaci più prescritti in Italia, ma non dovrebbero essere consigliati per problemi banali, perché il gioco non vale la candela dal momento che sono in grado di causare importanti effetti collaterali; si pensa infatti che al loro uso nel breve termine, si possano collegare sia le infezioni dell’apparato digerente che polmonare, e dopo un anno, sono in grado di provocare fratture ossee.
Anche in caso di malattia da reflusso gastroesofageo, gli IPP andrebbero usati con moderazione.

In caso di mal di schiena, sta diventando uso comune prescrivere una risonanza magnetica, che andrebbe fatta invece, solo se necessario. Uno ‘strappo’ muscolare, il Colpo della Strega, la sciatalgia, sono sintomi dolorosi ma non preoccupanti. La risonanza lombosacrale dovrebbe infatti essere prescritta solo in caso di danno neurologico o sistemico, o comunque, nel caso in cui il problema sia già stato trattato e non sia stato risolto, con terapia fisica o farmacologica, nel giro di 6 settimane.

Stesso discorso nel caso di una radiografia del torace di tipo preoperatorio. Sottoporre il proprio apparato respiratorio e cardiocircolatorio all’esposizione ai raggi X, ogni volta che venga effettuata una procedura chirurgica, è sbagliato ed eccessivo, a meno che non ci siano indicazioni, in fase di visita o nella storia personale e famigliare del paziente, che possano indicare problemi legati a quell’area.

Spesso infatti, una radiografia può portare alla scoperta di lesioni insignificanti, che sarebbe meglio non toccare, né con altri, inutili, esami, né attraverso medicinali o interventi chirurgici; per non parlare dell’effetto che hanno le radiazioni sul nostro organismo, se effettuate con frequenza, e sul nostro portafogli.
 

Per contrastare il mal di schiena, un ottimo rimedio potrebbe essere quello di mantenere una vita fisica attiva, volta cioè a mantenere i tuoi muscoli in allenamento, anche in caso di dolore. Evita di sollevare oggetti pesanti, ma se proprio devi, fallo abbassandoti in modo appropriato cioè piegandoti sulle gambe.

Se pensi di avere un problema al cuore o ai polmoni, considera questi sintomi: fiato corto, tosse, caviglie gonfie, febbre, dolore al petto e parlane immediatamente con il tuo medico. In questo caso una radiografia sarebbe raccomandabile.

Anche gli antinfiammatori vanno utilizzati con prudenza perché comportano diversi effetti collaterali, soprattutto in coloro che hanno già problemi di pressione o nei diabetici. Piuttosto che gli analgesici non steroidei detti Fans, meglio utilizzare farmaci a base di paracetamolo che non funzionano bloccando la produzione delle prostaglandine, capaci sì di segnalare il dolore ma utili all’organismo anche per un’altra serie di altre attività.

Per combattere il dolore, che è solo il sintomo di un problema, è necessario agire sul problema: l’attività fisica potrebbe essere un ottimo contraltare e un farmaco a base di paracetamolo può aiutare; ma attenzione, non bisogna esagerare, perché questo tipo di antinfiammatori possono sovraccaricare il fegato.

Persino gli antibiotici, oggi, vengono prescritti di routine, spesso quando non è necessario. Le infezioni delle vie aree superiori come faringite o raffreddore, non hanno infatti bisogno di antibiotici, perché sono infezioni per lo più di tipo virale e scompaiono da sole nel giro di qualche giorno. Se così non accade, allora è il caso di pensare all’antibiotico, perché potrebbe essere in corso un’infezione delle vie respiratorie inferiori: bronchite o polmonite.

Utilizzare gli antibiotici troppo spesso, può portare ad assuefazione, con il rischio che si possa sviluppare una resistenza ai batteri e che nel caso in cui l’antibiotico serva sul serio, non si sia più in grado di combattere la malattia in questione. Inoltre, gli antibiotici possono causare non poche conseguenze negative all’intestino.
A volte, combattere i sintomi di una malattia, può significare contrastare la guarigione. La tosse ad esempio o la febbre, se non troppo alta, sono i metodi che ha il corpo di combattere la malattia: aiutalo, in maniera naturale, ad esempio bevendo molto. Il muco infatti, se fluidificato, viene espettorato più facilmente.

Mai farsi prendere dall’allarmismo; piuttosto, discuterne con il proprio medico potrebbe essere la giusta soluzione. E non fidatevi di Internet: sono molti gli esperti che possono aiutare a dissolvere un dubbio, ma, infine, prima di decidere di automedicarvi, parlatene sempre prima con il vostro dottore.
 

Autore | Enrica Bartalotta