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U Cunvintazzu: gli antichi abitanti della zona chiamavano così la contrada e i ruderi di un' antichissima chiesa bizantina, sperduta tra gli uliveti e gli agrumeti di Torrenova, in provincia di Messina. Diciamo "sperduta" perché, quasi del tutto sconosciuta ai turisti e agli stessi paesi limotrofi, San Pietro in Deca si trova alla fine di una stradicciola impervia e sterrata, a stento indicata da un paio di cartelli. Ma andiamo con ordine.
395444_357874040898500_1384643470_nMiracolosamente scampato alla furia dei secoli e alla cementificazione dei paesi della costa tirrenica, l'edificio si presenta come una delle più importanti tracce dell'architettura bizantina e uno dei pochi esempi di cuba conservatisi in Sicilia: già nel 1889, Antonio Salinas descrive accuratamente la pianta ottogonale della chiesa, con la cupola circolare coperta di tegole, i due ingressi ad arco, le otto nicchie irregolari e le bifore ai lati dell'ottagono.

Camillo Filangeri, nel 1984, ipotizza che l'edificio potesse essere un monastero basiliano e rinviene, nella muratura, una moneta d'oro siracusana risalente al regno di Michele II l'Amoriano, imperatore di Bisanzio dall'820 all'829 d. C.
Ulteriori studi effettuati dall'Università di Vienna negli anni Duemila, hanno provato a completare il quadro: gli scavi archeologici hanno svelato le mura di un'ulteriore chiesa normanna (intorno al 1061), nonchè l'abside di un edificio ancora più antico. Inoltre, numerosi rinvenimenti di ossa d'animali, sepolture e ceramiche nordafricane hanno datato l'insediamento umano nella zona già al IV-VII sec. a. C.

431762_357875054231732_782670839_nLa stessa struttura della cuba mostra i numerosi rimaneggiamenti subiti nel corso dei secoli. Varie testimonianze filologiche dimostrano come, mentre nel resto della Sicilia la lingua greca era pressocchè scomparsa, San Pietro in Deca fosse ancora, a metà del '500, di probabile tradizione e rito ortodossi: un codice vaticano greco testimonia i rapporti tra San Pietro in Deca e il monaco Teofilatto Contostlabina. Per secoli, quindi, il territorio intorno al monastero fu abitato e fiorente, grazie anche ad una fiera che si teneva nella piana sottostante: indipendente dal vicino monastero basiliano di San Filippo di Fragalà, rimase attivo sicuramente fino alla fine del XVI secolo, quando, a causa dello spostamento della fiera a San Marco d'Alunzio e alle incursioni piratesche, iniziò il processo di abbandono e declino.
convento1Oggi il sito appare preda dell'incuria e dell'abbandono: circodanto da un recinto fatiscente e facilmente scavalcabile, con un cartello turistico scolorito e del tutto illegibile, presenta gravi rischi di crollo strutturale. Inoltre, infiltrazioni di acqua e detriti rischiano di rovinare indelebilmente anche gli scavi circostanti, abbandonati all'accumulo di materiale meteorico e alla vegetazione spontanea.
La scorsa estate una ditta locale si è occupata di ripulire la zona, ma una manutenzione stagionale non basta: si aspetta la risposta dell'Assessorato dei Beni Culturali, affinchè provveda al consolidamento e al restauro di un così importante, splendido e fin troppo trascurato monumento alla storia e alla cultura della nostra antichissima Isola.