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“Sette brevi lezioni di fisica” è il titolo di un libriccino di appena 85 pagine del fisico teorico Carlo Rovelli, responsabile dell’Equipe di Gravità Quantistica del Centro di Fisica Teorica di Aix-Marsiglia, che costa relativamente poco (10,00 €) e si legge tutto d’un fiato. Edito da Adelphi nel 2015, ciò che inizialmente erano articoli sulla fisica moderna, poi raccolti compiutamente in questo mini-saggio, si è inaspettatamente rivelato un caso editoriale. Dalla prima tiratura di appena tremila copie, in Italia è giunto alla ventesima ristampa, ha venduto più di trecentomila copie ed è tradotto in 41 lingue. Niente male per un libro che tratta argomenti di solito ostici, se non incomprensibili ai più. Il grande successo si spiega probabilmente proprio per questo, per la semplicità con cui vengono trattate le sette brevi lezioni di fisica.

  Le prime due lezioni spiegano in un modo quasi elementare al lettore profano i due pilastri della fisica del Novecento: la Relatività Generale di Albert Einstein e la Meccanica Quantistica o Teoria dei quanti immaginati nel 1900 dal fisico tedesco Max Planck. Egli, nell’osservare un campo elettrico, trattava l’energia come se fosse composta da mattoncini, cioè da “pacchetti o quanti di energia”. Ciò che era solo uno stratagemma concettuale per spiegare taluni fenomeni altrimenti inspiegabili, si rivelava una procedura corretta poiché riproduceva esattamente quanto misurato. Lo stesso Planck non riusciva a comprendere come questo potesse accadere, come mai stranamente funzionava. Nel 1905 Einstein, con la teoria della Relatività Ristretta, capì che i “pacchetti di energia” sono reali, riuscendo a dimostrare che anche la luce è fatta di pacchetti, cioè, “particelle” di luce oggi chiamati fotoni. La scoperta della natura corpuscolare della luce chiamato “effetto fotoelettrico”, gli valse il premio Nobel nel 1921. Da questa teoria ha origine la più famosa formula della fisica: E = mc 2. Cioè, l’equivalenza e il fattore di conversione tra l’energia e la massa di un sistema fisico. La materia è energia, e ciò che ci appare sotto forma di impalpabile energia, è comunque composta di una qualche materia. Persino l’impalpabile spazio non è vuoto ma è composto da “atomi di spazio”. In sostanza lo spazio, non lineare bensì curvo e ondulato, capace di espandersi e non statico, e il campo gravitazionale, quello che “porta” la gravità come il campo elettrico “porta” l’elettricità, sono la stessa cosa. Questo campo di studio si chiama “Gravità Quantistica a Loop”, cioè, ad anelli, poiché ciascun “atomo di spazio” non è isolato ma inanellato con altri simili a formare una rete di relazioni che tesse la trama dello spazio.

  Le scoperte di Einstein hanno rivoluzionato totalmente la visione che si aveva del macrocosmo e le sue leggi fisiche, fino ad allora descritte da Newton. Lo spazio e persino il tempo non sono assoluti e la gravità non è l’attrazione delle masse immaginata da Newton, bensì la conseguenza della deformazione dello spazio prodotta da una massa, nel cui imbuto tendono a “precipitare” le masse più piccole e la quale devia anche la luce. Proprio quest’ultimo fenomeno, dimostrato sperimentalmente nel 1919 durante un’eclisse di sole, ha convalidato una teoria che in tanti consideravano assurda.

  La seconda lezione tratta brevemente e con la maggiore semplicità possibile le leggi che governano il microcosmo, cioè l’atomo e i mattoncini che lo compongono e che formano la materia così come noi la vediamo e percepiamo: i protoni e i neutroni che formano il nucleo, e gli elettroni che vi ruotano intorno. Già questo comincia a risvegliare qualche reminiscenza scolastica nel lettore; ma c’è molto di più. I protoni e i neutroni sono composti da mattoncini ancora più elementari, cioè le particelle elementari o quarks. Dunque gli elettroni, i quarks, i fotoni, i gluoni, i neutrini, i fermioni e il bosone di Higgs, ad oggi sono i componenti conosciuti della materia e di ciò che si muove nello spazio. La branca della fisica che tenta di spiegare questo minuscolo mondo è la Meccanica o Fisica Quantistica. E’ il danese Niels Bohr negli anni Dieci e Venti del Novecento a capire che anche l’energia degli elettroni può assumere certi valori “quantizzati”, come quella della luce, e che possono “saltare” fra le orbite atomiche con energie permesse: i cosiddetti “salti quantici”.

  Nel 1927 il tedesco Werner Heisenberg scrive la prima equazione della teoria quantistica, nella quale esprime il principio di indeterminazione delle particelle, cioè, al livello del microcosmo non è possibile determinare contemporaneamente la posizione e l’energia di un elettrone nell’orbita intorno al nucleo, ma solo la probabilità di trovarsi in una certa posizione. Non solo. Heisenberg immagina che gli elettroni non esistono sempre, ma solo quando qualcuno li osserva, o meglio, quando interagiscono con qualcos’altro. Cioè, si materializzano in un luogo con salti quantici che le rendono reali e con una probabilità calcolabile solo quando sbattono contro qualcosa. Quindi, se l’elettrone non è “disturbato da nessuno”, non è in alcun luogo preciso.

  Questa “pazzesca” indeterminazione è in netta contrapposizione con la meccanica classica, ove tutto è prevedibile e misurabile con estrema esattezza. Il determinismo meccanicistico vale per i fenomeni che avvengono nel macrocosmo ma non per quelli del microcosmo. Persino Einstein, il padre del concetto di relatività nella fisica e che disgregò quello dell’assoluto di Newton, non accettò i paradossi della Meccanica Quantistica. Da qui la sua celebre frase: “Dio non gioca a dadi con l’universo”. La realtà però è proprio questa e numerosi esperimenti lo hanno dimostrato. La Meccanica Quantistica è alla base della fisica atomica, nucleare e altro ancora, e il “Modello Standard” messo a punto negli anni Settanta, cioè, il complesso delle intricatissime e assurde teorie delle particelle, è stato confermato da molti esperimenti. Nonostante ciò non è mai stato preso del tutto sul serio dai fisici. La Relatività Generale, universalmente accettata per la sua comprensibilità (per gli addetti), precisione ed eleganza, è invece la base della cosmologia, dell’astrofisica, delle onde gravitazionali, dei buchi neri e di altro ancora. Entrambe le teorie, seppur tra di loro contraddittorie, descrivono molto bene le due realtà. Com’è successo in passato, il giorno in cui si riuscirà a trovare una sintesi fra le due teorie, si sarà fatto un enorme passo avanti nella comprensione del mondo.

  Come dice l’Autore alla fine della quarta lezione, dedicata alle particelle: “Per adesso, questo è quello che sappiamo della materia. Una manciata di tipi di particelle elementari, che vibrano e fluttuano in continuazione fra l’esistere e il non esistere, pullulano nello spazio anche quando sembra non ci sia nulla, si combinano assieme all’infinito come le venti lettere di un alfabeto cosmico per raccontare l’immensa storia delle galassie, delle stelle innumerevoli, dei raggi cosmici, della luce del sole, delle montagne, dei boschi, dei campi di grano, dei sorrisi dei ragazzi alle feste, e del cielo nero e stellato la notte.”.

  Nell’ultima lezione l’Autore parla filosoficamente di “noi”, piccolissima parte di un universo infinito, “… fatti degli stessi atomi e degli stessi segnali di luce che si scambiano i pini sulle montagne e le stelle nelle galassie.”. Con una visione eccessivamente meccanicistica, l’Autore, citando Spinoza, ritiene che la nostra consapevolezza di esistere, i nostri pensieri, i nostri sentimenti e le nostre emozioni sono  il prodotto dei nostri neuroni. Rovelli usa la parola anima soltanto una volta, a pagina 82. Per chi vuole approfondire l’aspetto spirituale dell’uomo attraverso un testo di fisica che supera il significato tradizionale del termine “religione”, consiglio “Il segreto dell’Universo – Mente e materia nella scienza del terzo Millennio” del fisico Fabrizio Coppola. Un testo di 398 pagine un po’ meno semplice di quello di Rovelli ma che rimane pur sempre divulgativo, in cui l’Autore in alcuni capitoli finali del libro tenta di fornire una spiegazione scientifica, a partire dalla doppia natura corpuscolare e ondulatoria della materia prevista dalla Meccanica Quantistica, alla nostra coscienza, al nostro appunto indeterminabile libero arbitrio e persino alla Mente Universale e alla “Creazione”.

  In estrema e superficiale mia sintesi, Coppola in essi presuppone l’esistenza di un Campo Quantistico Unificato e di un Campo Universale di Coscienza, capaci di creare un immenso fenomeno di risonanza che potrebbe essere alla base della realtà, della formazione/creazione di particelle. Insomma, se Creazione c’è stata, Essa è concettualmente diversa da quella espressa dalle religioni tradizionali. Come un nostro pensiero è in grado di determinare in noi emozioni e sentimenti e viceversa, e quindi è capace di modificare la nostra biologia interna e dunque un nostro aspetto materiale, così un grande Pensiero Cosmico potrebbe essere in grado di “perturbare uno stato quantico” creando/formando la materia. Ovviamente, è un’ipotesi molto affascinante tutta da approfondire e da verificare.

 

Angelo Lo Verme