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01Parlare della Sicilia senza parlare dell’agricoltura è impossibile.
Infatti, nella storia, gli abitanti della Sicilia si sono sempre contraddistinti per il loro legame alla terra.
Per i romani  la nostra isola era ”il granaio d’Italia”…dai nordici noi siamo sempre stati chiamati “terun” (1)… insomma i siciliani da sempre hanno fatto dell’ agricoltura la loro principale attività e la fonte più cospicua  e più qualificata dei loro redditi.
Cento, centocinquanta anni fa la Sicilia altro non era che un susseguirsi di feghi  o fégura (2) che consistevano in grandi appezzamenti di terreno posseduti da ricchi proprietari  che generalmente vantavano discendenze da antiche nobili famiglie feudali.
Su queste proprietà si reggeva tutta l’economia dell’isola e la quasi totalità dei lavoratori erano collegati direttamente o indirettamente con l’agricoltura .
Tra i lavoratori della terra c’era una vera e propria gerarchia :  più in alto stavano li camperi e li suprastanti (3) che andavano in giro  con lacoppula (4) in testa e sempre armati di scupetta(5). 
Essi avevano contatti diretti col padrone a cui amministravano le terre  che spesso gestivano con una certa autonomia: le suddividevano, affidandoie  a persone di loro fiducia nella qualità di mitateri, gabbilloti  (6) o affittuari temporanei, ne organizzavano la coltivazione, ne difendevano i confini e il prodotto, ingaggiavano, istruivano e controllavano li viddrani(7) di cui avevano bisogno per coltivare la terra e per raccogliere, conservare o vendere  i suoi prodotti.
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 Di volta in volta venivano addruvati (8): mititura,  pisatura, putatura, vinnignatura, mustalora, minnulara, fimmini , omini(9). 
Con le ultime  due denominazioni si indicavano i generici: dei contadini  che non avevano una vera e propria specializzazione e quindi venivano ingaggiati  a jurnata (10) per fare i lavori più umili e pesanti.
Gli anni passarono, fu attuata la Riforma Agraria, molti dei vecchividdrani diventarono proprietari terrieri, ma, fino all’affermarsi prepotente degli attrezzi agricoli meccanici, continuarono a coltivare le loro terre come avevano fatto con quelle degli antichi padroni.
Tutto l’anno era scandito dai vari lavori agricoli .
I campi coltivati a vigneto o alberi, si azzappavanu(11) una o più volte l’anno, sbriciolando e ripulendo il terreno  con una piccolazappuddra(12) per migliorare  la situazione delle piante che vi crescevano o per prepararli a ricevere  dei nuovi semi.
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I terreni liberi da piante invece, venivano lavorati con una zappa più larga e pesante detta margagliuni, che permetteva uno scasso più profondo riducendo il terreno ad una distesa di grosse zolle: la timpunera.
I campi da seminare a frumento, infine, venivano lavurati (13) con unaratu (!4) tirato da buoi  o muli (infatti il grano appena nato, in Sicilia veniva chiamato proprio: “lavuri” ).
Dopo queste fasi preparatorie si passava alla semina di cereali , legumi ed ortaggi vari .
Infine si procedeva alle operazioni di raccolto che si possono riassumere nei due momenti più rappresentativi dell’anno agricolo siciliano: la pisata o pisatina(15), e la vinnigna.(16)
In giugno i bellissimi campi di spighe che ondeggiavano al vento  come un mare mosso, venivano aggrediti da una squadra di mietitori armati di faci (17) che in men che non si dica li riducevano ad un’ispida distesa di ristuccia(18).
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 Le spighe venivano raggruppate in gregni(19) che i contadini portavano all’aria (20): uno spiazzo di terreno pianeggiante i precedentemente Indurito bagnandolo  più volte e lasciandolo asciugare al sole  , e lì aveva luogo la pisatina.
Nell’aia erano introdotti muli o cavalli  che venivano messi all’antucioè giravano in coppia sulle spighe, incitati dai loro padroni fino a sbriciolarle completamente.
A questo punto si iniziava la spagliata : i contadini  buttavano in aria con na tradenta (21) il frumento misto alla paglia: i chicchi ricadevano sull’ aia e la paglia veniva portata dal vento ai margini formando una specie di muretto detto margunata. Questa operazione quando c'era poco vento durava più di un giorno e, la notte, i padroni del grano dormivano all’ agghiazzu(22) sull'aia per evitare che i ladri decurtassero il raccolto.
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 Alla fine il grano veniva misurato con i tummini (23) e portato al mulino.
La vinnigna ,invece, era l’operazione che caratterizzava l’autunno: iniziava con la raccolta dell’uva che veniva fatta da una squadra  maschile, femminile o mista di vinnignatura, che, vite dopo vite, filare dopo filare, trasferiva i grappoli succosi dentro carteddri (24) che venivano poi svuotate nei muscini (25) da trasportare alparmentu(26). Qui l’uva era versata dentro un capiente tuneddru(27) dove veniva pigiata da due pistatura  che la riducevano in poltiglia mentre il succo, il mosto, fuoriusciva da un cannolu(28) sottostante a riempire i varlira (29) con cui sarebbe stato trasportato a dorso di mulo nella dispenza(30) e versato dentro le vutti (31) dove avrebbe iniziato la sua fermentazione che sarebbe terminata verso la metà di novembre. Spesso un paio di barili di mosto venivano messi a bollire dentro una grande caldaia di rame ed aromatizzate da scorze di arancia a suo tempo fatte asciugare e conservate all’uopo .Quando il liquido si riduceva ad un terzo del suo volume, veniva versato nelle botti a rinforzare il mosto che già contenevano. Ma li scorci d’aranci (32) ed almeno un paio di bottiglioni  di vino cotto venivano messi da parte e conservate per preparare i dolci di Natale. 
Quasi in contemporanea con la vendemmia si faceva anche lascutulata di li mennuli (33).
Le mandorle venivano fatte cadere dagli alberi con delicati colpetti di canna, poi venivano raccolte, scrucchiulati (34) e messe ad asciugare al sole per alcuni giorni. In genere la bacchiatura la facevano l’omini, mentre le contadine  raccoglievano e  sgusciavano le mandorle.
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NOTE.: 1 Terroni  – 2 Feudi  – 3 Campieri e soprastanti – 4 Tipico berretto siciliano – 5 Fucile – 6 Mezzadri e pagatori di gabella –  7 Contadini –  8 Ingaggiati –  9   Mietitori,  trebbiatori, potatori, vendemmiatori, trasportatori del mosto, bacchiatori, donne, uomini – 10 Come giornatai –  11 Zappavano  – 12  Zappa – 13  Arati – 14   Aratro – 15 Trebbiatura – 16 Vendemmia – 17 Falce – 18 Stoppie – 19 Covoni – 20 Aia – 21 Tridente – 22  All’addiaccio  – 23 Tumoli, unità di misura agricola –  24 Ceste di canna e giunco – 25  Contenitori per trasportare l’uva – 26  Palmento   – 27  Tino  –  28 Scarico – 29   Barili – 30  Cantina – 31 Botti – 32 Bucce/scorze d’arancia – 33 Bacchiatura delle mandorle – 34 Sgusciate, private dall’involucro verde .  

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