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Gli hanno diagnosticato un tumore al cervello, ma il paziente aveva un ascesso cerebrale. I medici si sono accorti dell’errore solo dopo oltre un mese, quando ormai il malato era in fin di vita. Si poteva evitare tutto con una semplice tac, effettuata però troppo tardi da 8 medici del reparto di pneumatologia del San Camillo di Roma, adesso iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo. Ne dà notizia "Il Messaggero".

La contestazione è stata mossa per "una gestione del paziente che desta notevoli perplessità", scrive Luigi Cipolloni, consulente del pm Pietro Pollidori. Vittima "dell’inadempienza professionale e del mancato rispetto delle norme di buona pratica clinica" è stato il 52enne Michele Mario Scarano, morto lo scorso 29 aprile dopo essere entrato in ospedale il 17 marzo.

Nella relazione medico legale Cipolloni rileva che l’omissione dell’esame "appare rilevante dal punto di vista causale del peggioramento del paziente", tanto da determinarne il decesso. L’uomo era curabile, seppur non senza difficoltà, qualora fossero state individuate con prontezza le cisti al cervello, come evidenziato fin da subito nella denuncia dei familiari depositata dall’avvocato Antonello Madeo.