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Circa un milione di madri in Italia, il 21% del totale, afferma di essere stata vittima di una qualche forma, fisica o psicologica, di violenza ostetrica alla loro prima esperienza di maternità. Un’esperienza così traumatica che avrebbe spinto il 6% delle donne, negli ultimi 14 anni, a scegliere di non affrontare una seconda gravidanza, provocando di fatto la mancata nascita di circa 20.000 bambini ogni anno nel nostro paese. Sono alcuni dei dati emersi dall’indagine nazionale 'Le donne e il parto', la prima in Italia realizzata per indagare il fenomeno, sommerso e ancora poco conosciuto, della cosiddetta violenza ostetrica, cioè l’appropriazione dei processi riproduttivi della donna da parte del personale medico. La ricerca, nata su iniziativa dell’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica Italia, è stata condotta dalla Doxa e finanziata dalle associazioni La Goccia Magica e CiaoLapo Onlus.

Tra le storie più drammatiche c'è quella di una palermitana, Teresa, "ricucita con un dolore assurdo". La sua vicenda è stata raccontata da "La Stampa". Teresa, 27 anni, racconta invece di aver subito un episiotomia senza esserne informata e di esser stata ricucita "a crudo", cioè senza anestesia. "Non dimenticherò mai quel dolore assurdo e, anche se sono passati 6 mesi da allora, ancora faccio fatica a riprendermi", dice.  

Con l’indagine Doxa, condotta su un campione rappresentativo di circa 5 milioni di donne italiane, di età compresa tra i 18 e i 54 anni, con almeno un figlio di 0-14 anni, sono stati analizzati i diversi aspetti e momenti vissuti dalle madri durante le fasi del travaglio e del parto: dal rapporto con gli operatori sanitari alla tipologia di trattamenti praticati, dalla comunicazione usata dallo staff medico al consenso informato, dal ruolo della partoriente nelle decisioni sul parto al rispetto della dignità personale.

L’indagine ha rilevato che per 4 donne su 10 (41%) l’assistenza al parto è stata per certi aspetti lesiva della propria dignità e integrità psicofisica. In particolare, la principale esperienza negativa vissuta durante la fase del parto è la pratica dell’episiotomia (l’incisione vulvo-vaginale per facilitare il parto), subita da oltre la metà (54%) delle mamme intervistate. Un tempo considerata un aiuto alla donna per agevolare l’espulsione del bambino, oggi l’Organizzazione Mondiale della Sanità la definisce una pratica ‘dannosa, tranne in rari casi’. L’episiotomia è, a tutti gli effetti, un intervento chirurgico che consiste nel taglio della vagina e del perineo per allargare il canale del parto nella fase espulsiva. Rispetto alle lacerazioni naturali che spesso si verificano durante il parto, tale operazione necessita di tempi più lunghi per il recupero con rischi anche di infezioni ed emorragie.