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Chi sono le ‘ntuppatedde di Sant’Agata? Da qualche anno sono tornate, vestite di bianco come le spose, con il viso coperto da un velo e un garofano rosso in mano.

Si tratta di figure femminili che, fino alla metà dell’Ottocento, si velavano il viso per non farsi riconoscere: andando in giro, vivevano un raro momento di libertà in cui potevano ballare, scherzare, divertirsi e uscire sole. A metà dell’Ottocento la tradizione smise di essere seguita, ma oggi sono tornate.

La storia delle ‘ntuppadette

«A Catania – scriveva Giovanni Verga – la quaresima vien senza carnevale… in compenso c’è la festa di Sant’Agata, gran veglione di cui tutta la città è teatro, nel quale le signore, hanno il diritto di mascherarsi, sotto il pretesto d’intrigare amici e conoscenti e d’andar attorno, dove vogliono, con chi vogliono, senza che il marito abbia diritto di metterci la punta del naso».

Secondo il diritto di la ‘ntuppatedda, durante i riti agatini, dalle quattro alle nove di sera la donna diventava “padrona di sé, delle strade, dei ritrovi”. In realtà, pare che le ‘ntuppatedde siano più una tradizione carnevalesca e, quando il Carnevale coincideva con la festa di Sant’Agata, vennero erroneamente assimilate alla tradizione agatina. Alla fine dell’800, il Cardinale Dusmet prima e la forza pubblica dopo, posero fine all’usanza.

Adesso le ‘ntuppatedde sono tornate. Attraverso la loro pagina Facebook, hanno spiegato: «Le Ntuppatedde, dedicano 1000 fiori – il garofano rosso simbolo della loro apparizione – a chi cerca terra, allo straniero, all’errante. Durante la loro apparizione del 3 febbraio saranno donati da un gruppo di “portatrici di fiori” (a cui è possibile candidarsi) 1000 fiori a 1000 donne. Un incitamento al risorgere del femminile, perché è del femminile la terra.

La donna creatura e creatrice, la donna protettrice e guerriera, a difesa della terra senza confini e senza padroni. Migrare è il naturale viaggio di chi desidera mutare a “nuova vita,” a nuovi orizzonti, a nuova fioritura. Un fiorire verso una condizione della contemporaneità che ci fa desiderare di ribaltare il mondo, di rivoluzionarlo e stracciarlo dal suo stesso essere mondo per riportarlo a essere terra, metamorfosi e cominciamento».

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