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Quante volte avete sentito dire, o avete utilizzato, l’espressione siciliana fare curtigghiu? Quella del curtigghiu – cioè del pettegolezzo – è una diffusissima abitudine, non soltanto in Sicilia, ma un po’ ovunque. Quello che, tuttavia, caratterizza l’attività che si svolge in Sicilia, è la denominazione.

In italiano, infatti, potremmo tradurlo come cortile, ma non esiste altrove l’usanza di definire i pettegolezzi in questo modo. Provate a dirlo a un non siciliano o a qualcuno che non conosca minimamente la lingua siciliana: non vi capirà.

La parola curtigghio deriva dallo spagnolo cortijo. Serviva a designare, in passato, una specie di cortile interno agli edifici, il pozzo luce. Questo, sito all’opposto rispetto alla facciata principale, essendo all’interno consente agli appartamenti di uno stabile di ricevere la luce del sole, anche se non vi sono balconi e finestre direttamente esposti sulla strada.

Proprio qui ci si incontrava, per poter parlare e sparlare in tranquillità, senza quindi essere ascoltati dagli altri: un momento conviviale, dedicato ai commenti in merito all’uno o all’altro.

Ancora oggi, quella di fare curtigghiu è una diffusissima abitudine: certo, non si sente più la necessità di incontrarsi all’interno dei palazzi, ma la necessità di dedicarsi ai pettegolezzi si sente, eccome se si sente!

Foto: Dolce e Gabbana

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