Sei su Telegram? Ti piacciono le nostre notizie? Segui il canale di SiciliaFan! Iscriviti, cliccando qui!
UNISCITI

A due passi da Palermo, un’oasi di pace e tranquillità.

  • L’abbazia di San Martino delle Scale si trova in un’invidiabile posizione, sui monti della frazione di San Martino, che ricade nel territorio di Monreale.
  • Secondo tradizione, a fondarla fu Papa Gregorio Magno.
  • Gregorio avrebbe fondato 6 monasteri in Sicilia, su altrettanti territori di proprietà della famiglia materna.

Non tutti lo sanno, ma tra i monti della frazione di San Martino è custodita una preziosa abbazia. Secondo la tradizione, venne fondata da Papa Gregorio Magno, anche se questa ipotesi non rende tutti concordi. Si sa che, in due lettere, il pontefice parlava di un monastero che porta il nome di San Martino e che sicuramente era nei pressi di Palermo. Il fatto che non ci siano fonti attendibili, tuttavia, fa dubitare gli studiosi della fondazione “gregoriana” dell’abbazia, che sarebbe poi stata distrutta dai Saraceni. Esistono, invece, molti documenti che legano la struttura alla prima metà del XIV secolo, a partire dall’anno 1347.

Un po’ di storia

L’abbazia venne rifondata nel 1347, per volere dell’arcivescovo di Monreale Emanuele Spinola, ad opera di 6 monaci benedettini arrivati dalla comunità di San Nicola di Nicolosi (che si trova alle falde dell’Etna). I monaci operarono sotto la guida di don Angelo Sinisio, nominato nel 1352 primo abate di San Martino. Viene ricordato per le sue opere di beneficienza e dopo la sua morte il suo corpo è stato posto sotto l’altare della sagrestia: anche senza una proclamazione ufficiale, gli venne attribuito il titolo di beato.

Dal 1500 la comunità si espanse e l’Abbazia si sviluppò dal punto di vista architettonico. Vennero realizzati, ad esempio, il coro monastico e, grazie alle direzioni degli architetti Mariano Smiriglio e Giulio Lasso, venne completata la chiesa. Venne anche progettato il Chiostro delle Colonne o di San Benedetto, caratterizzato da un’elegante serie di arcate in pietra di Billiemi su colonne di marmo bianco. Tante le opere di Pietro Novelli. Tra di esse, nel refettorio, l’affresco di San Daniele nella fossa dei leoni (1609); all’interno della Chiesa la Pala di San Benedetto.

Il massimo splendore

L’Abbazia raggiunse il suo massimo sviluppo alla fine del XVIII secolo, grazie all’opera di Venanzio Marvuglia. Nel 1772 venne incaricato del progetto e della direzione dei lavori del nuovo dormitorio e dell’ammodernamento dell’abbazia. Tra le altre cose, vennero realizzati uno scalone imperiale in marmo rosso decorato in stile pompeiano, una nuova ala con un dormitorio e la famosa biblioteca. All’opera di Ignazio Marabitti si devono la famosa Fontana dell’Oreto, sotto il campanile, ed il gruppo marmoreo di San Martino, in fondo al nuovo vestibolo.

La realizzazione delle nuove opere rese l’Abbazia di San Martino delle Scale famosa in tutta Europa per la biblioteca, la quadreria e il museo d’antichità. Divenne meta di illustri viaggiatori, studiosi e ricercatori. Al suo interno ospita uno dei cori lignei più belli d’Italia, prezioso esempio della fioritura manierista a della fine del XVI secolo, commissionato ai napoletani Ferraro e Vigliante e realizzato prendendo a modello quello dei SS. Severino e Sossio a Napoli.

Il declino e la rinascita

Il XIX secolo rappresenta un periodo buio. A seguito dell’entrata in vigore delle leggi di soppressione degli ordini religiosi la comunità fu dispersa, ponendo fine a tutte le iniziative culturali. I beni artistici dell’Abbazia di San Martino delle Scale vennero dirottati verso varie biblioteche e musei dell’isola. La lenta ripresa è dovuta all’opera di don Ercole Tedeschi, che, nonostante le innumerevoli difficoltà del periodo, svolse il suo impegno monastico e pastorale assumendo la guida della parrocchia. Alla sua morte lasciò, come eredi della spiritualità benedettina, un piccolo gruppo di monaci ai quali la storia affiderà il compito di continuare la vita monastica a San Martino delle Scale.

La ripresa della vita monastica durante tutto il Novecento segna anche il ripristino di alcune attività proprie della comunità monastica: l’insegnamento nel collegio e nell’alunnato monastico, l’allestimento di un laboratorio di restauro del libro, l’apertura al pubblico della ricostituita biblioteca e la rivendita di alcuni prodotti tipici del monastero. Una piccola curiosità: proprio in questa abbazia viene realizzata artigianalmente una birra molto apprezzata.

Foto da video – YouTube

Articoli correlati