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La ceramica di Santo Stefano di Camastra (ME) è una delle più conosciute e apprezzate. Questo tipico manufatto siciliano vanta una ricco retaggio. La lavorazione dell’argilla, probabilmente, è antica quanto la stessa Santo Stefano, quella di prima della grana del 1682.

Le origini

I maestri ceramisti e i maiolicari arrivarono dopo la metà del XVIII secolo, al seguito del ricco signore Antonino Strazzeri, principe di S. Elia. dando il loro contributo di esperienza e lavoro alle nascenti fabbriche del luogo. Gli scambi commerciali con i maestri “vietresi” permisero ai maestri di Santo Stefano di apprendere e perfezionare la tecnica di rivestimento delle mattonelle.

Lo sviluppo

A partire dal XVIII secolo, la produzione di mattonelle maiolicate divenne fiorente, con richiesta da tante parti della Sicilia. La realizzazione di questi prodotti richiese una migliore organizzazione delle officine. I “turrazzara stampatura”, chiamati così per via della località “Turrazzi”, noti anche come “stazzunara”, scavavano la creta e avevano il compito di stampare: pressavano l’argilla in cassette di legno di cm 22 ed imprimere eventualmente con un marchio di bronzo il nome della fabbrica committente.

La creta, una volta asciugata, si riduceva e il mattone “stampato” raggiungeva la misura tradizionale di cm. 20 x 20. I mattoni venivano dunque messi a cuocere in forni a legna. Per la cottura si utilizzavano circa mille fascine di legna. Entravano dunque in gioco i  cosidetti “infurnaturi”, specializzati nel sistemare i mattoni dentro il forno utilizzando i “ritagghia”, o ritagli di creta. Questi evitavano che si toccassero l’uno con l’altro durante la cottura. I “cucitura” avevano il compito di controllare il fuoco, che doveva mantenere un calore costante.

La cottura durava circa venti ore, mentre quella di raffreddamento quarantotto, un tempo superiore a quello richiesto per gli altri oggetti di ceramica. Al trasporto dei mattoni provvedevano le donne. Utilizzando una pezza attorcigliata sul capo o “cruna”, riuscivano a portare fino a trenta mattoni per volta dalla contrada “Turrazzi” ai luoghi d’imbarco a mare o alle botteghe del paese.

Qui i mattoni venivano decorati utilizzando gli stampi a mascherine consistenti in cartoncini pesanti imbevuti di olio di lino. Una una volta asciutti, diventati rigidi e impermeabili, venivano traforati secondo un disegno prestabilito in cui per ogni colore occorreva usare una mascherina diversa.

I colori più usati erano verde, giallo, blu cobalto, rosso e manganese, quasi sempre su smalto bianco.

L’evoluzione

La tecnica di produzione di trasformò nel XIX secolo e diventò industriale. Le officine produssero sempre di più, aumentarono il repertorio dei colori, diedero nomi ai decori, che divennero sempre più ricchi. La famiglia Armao, per migliorare la tecnica, chiamò a Santo Stefano i ceramisti francesi, che lavorarono per anni alle loro dipendenze.

Così la ceramica di Santo Stefano di Camastra è diventata sempre più conosciuta e richiesta, non solo in Sicilia, ma anche a Reggio Calabria, in Sardegna e all’estero.

Fonte: Comune di Santo Stefano di Camastra

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