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Il Duomo di Erice, cioè la Real Chiesa Madrice Insigne Collegiata, è la chiesa madre di Erice, suggestivo borgo della provincia di Trapani. Si trova in piazza Matrice, nei pressi di Porta Trapani, ed è dedicato a Maria Assunta. Questo luogo sacro vanta una lunga storia, che inizia in epoca romana.

La storia

La tradizione orale, infatti, narra dell’innalzamento di un primo tempio cristiano, al tempo dell’imperatore Costantino, quindi nel IV secolo d.C..

Fin da quell’epoca gli ericini abbracciarono la religione cristiana e costruirono alla Vergine Maria una piccola chiesa a partire dalla quale si è sviluppato l’edificio attuale. In epoca aragonese, la lunga disputa fra fazione latina e fazione catalana, animata dalle rivendicazioni degli Angioini sulla Sicilia, indussero Federico III d’Aragona a lasciare temporaneamente Palermo, per trovare protezione a Erice. Quando le vicende politiche consentirono il rientro del sovrano nella capitale, Federico volle lasciare un segno di gratitudine tangibile al centro e alla cittadinanza per l’ospitalità riservatagli. La cappella od oratorio, che secondo l’opinione di alcuni risalirebbe ai tempi di Costantino, venne quindi ampliata ed ornata.

Il Real Duomo fu realizzato nel corso dei primi decenni del XIV secolo in stile gotico trecentesco sulla preesistente cappella dedicata alla Vergine Assunta, per volere di re Federico secondo il progetto affidato all’architetto Antonio Musso, a fianco della torre quadrangolare d’avvistamento. Quest’ultima edificata durante le guerre del Vespro, e in seguito trasformata alla fine del XIV secolo in campanile con bifore. Ci vollero anni prima che l’ampliamento fosse portato a compimento.

Nel 1329 i lavori della fabbrica procedevano tanto a rilento, che Papa Giovanni XXII, attraverso l’emanazione di bolle pontificie, concesse speciali indulgenze a quei fedeli qui ad fabricam manus porrexerint adiutrices. La definitiva ultimazione avvenne intorno al 1372. La costruzione era articolata secondo l’impianto basilicale a tre navate, all’interno la volta del cappellone presentava una decorazione musiva mentre il corpo ecclesiale una diversa disposizione degli altari e degli ambienti.

Nel 1426 fu aggiunto il pronao ad archi ogivali, denominato Gibbena (da Age Bene: comportati bene), dall’arciprete Bernardo Militari per ospitare i pubblici penitenti venuti ad espiare peccati gravissimi. Contestualmente fu realizzata la scalinata accessibile da tutti i lati, che fu risistemata nel 1766 dall’arciprete Antonino Badalucco, con nove scalini.

Sul lato settentrionale furono aggregati nuovi ambienti: la Cappella de Scrineis, la Cappella di San Nicola, la Cappella di San Giuseppe, i locali della sacrestia posti dietro il cappellone.

Tra il 1673 e il 1677 dall’arciprete Giuseppe Liccio fece arrotondare gli antichi pilastri della chiesa, compromettendone la stabilità strutturale.

La chiesa madre fu tra tutte le chiese ericine la prima ad essere consacrata da monsignor Bartolomeo Castelli, vescovo di Mazara nel maggio 1697.

Con il Rinascimento vennero fatte ulteriori aggiunzioni. Intorno alla metà del XIX secolo il duomo ericino, modificato nel corso dei secoli in maniera episodica e frammentaria, presentava una e lavori di varia natura, che ci portano a quello che vediamo oggi.

Il Duomo di Erice oggi

Il portale esterno, di ispirazione catalana, con un pregevole rosone, è decorato con bugne a diamante, ed è sormontato da una caratteristica finestra. Una cupola mammelliforme sormonta la costruzione. L’interno della chiesa è di tipo basilicale a tre navate, delimitate da due lunghi filari di alti pilastri di tufo calcareo, sui quali poggiano degli archi ogivali.

Nove croci greche in marmo fissate alla parete sud, provenienti dal tempio di Venere Erycina, furono ivi incastrate per volontà dell’arciprete Vito Carvini nel 1685: una lastra murata ne spiega origini e finalità, con aggiunta di indulgenze papali, che erano concesse a quanti partecipassero agli osanna a Maria, distogliendosi dalle pratiche in omaggio a Venere, ancora usuali sino al XV secolo.

Il rosone, non originale, sostituì recentemente il remoto lastrone rotondo a tripla feritoia – pure surrogato di un altro anteriore – ed è affiancato da due oculi elaborati a canestro. Il portale, a doppia ghiera seghettata, rientra nei modi dell’architettura chiaramontana. Sul fianco settentrionale vi è portale catalano, ornato con bugne a diamante. Al versante orientale, sulla piazzetta, è addossato un altare del 1852, con una croce incorniciata finemente di tufo: vi si celebrava il rito prepasquale della benedizione delle palme.

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