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Parole e melodia: una poesia per il Libeccio.

  • Il vento, in Sicilia, soffia forte, spazza via tutto e ci costringe a modificare le nostre abitudini.
  • Una poesia di Giuseppe Lodato riesce a descrivere, con pochi e suggestivi versi, ciò che accade quando ci troviamo a contrastare la forza della natura.
  • La musicalità della lingua siciliana rende il componimento simile a una melodia.

La Sicilia è un’isola fatta di mare e di sole, di vento e di natura. Nelle giornate in cui il maltempo imperversa, il vento soffia forte e spazza via tutto. Fa innervosire il mare, rende impossibile camminare a piedi, fa volare le foglie e provoca un gran rumore. Il Libeccio, con tutta la sua potenza, è protagonista della poesia siciliana di Giuseppe Lodato che vi suggeriamo oggi. Si tratta di un componimento che, in pochi ed efficaci versi, riesce a descrivere una sensazione decisamente familiare per noi siciliani. Il vento che soffia forte, fa volare tutto, “sciùscia” e “fa scantàri”. Quando è più forte, basta affacciarsi alla finestra per essere testimoni dell’imponenza della natura.

Per spiegare l’etimologia del termine “Libeccio”, esistono due ipotesi. La prima lo fa derivare dal greco libykós, ossia “della Libia”. La seconda dall’arabo lebeǵ, che deriva del greco líps-libós, che significa “vento portatore di pioggia”. In entrambi i casi, non cambia l’effetto che sa avere, nonché la forza che può raggiungere. A voi la poesia di Giuseppe Lodato.

Libeccìu si chiàma stu ventu fastiriùsu,
chi leva li forzi è fa vèniri lu nirvùsu.

Tutti così fa vulàri,
sciùscia, sciùscia e fa scantàri.

Tutti attangàtti rintra li casi,
si scantànu chi lu friddu trasi.

Lu suli friddu l’arvùli spugghìau,
lu ventu puru l’ossa nì pigghiàu.

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