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Le parole dell’ex pm Maria Angioni.

Si mantiene sempre altissima l’attenzione sul caso Denise Pipitone, la bimba scomparsa da Mazara del Vallo nel 2004. Nelle ultime settimane è stato un susseguirsi di nuovi e inattesi elementi, che hanno messo in luce dettagli più o meno rilevanti ai fini delle indagini. L’ex pm Giulia Angioni, che tra il 2004 e il 2005 si è occupata dell’inchiesta, ha spiegato in un’intervista a La Nuova Sardegna cosa pensa sia successo a Denise. «È viva e quasi certamente ignara del suo passato – ha detto -. Credo che la bimba sia stata inserita in un nuovo contesto familiare al quale sia convinta di appartenere da sempre, perché non ha memoria della sua vita precedente». E ha aggiunto: «È necessario che qualcuno ci porti da Denise. È il famoso tassello che manca per chiudere il cerchio».

Denise Pipitone, parla l’ex pm Maria Angioni

Maria Angioni si è occupata, prima in affiancamento e poi come magistrato titolare, dell’inchiesta sulla scomparsa di Denise Pipitone. Dopo il suo trasferimento nel 2005 in Sardegna, non l’ha più seguito. «Qualcuno sa dove è stata portata dopo il rapimento o sa dove si trova in questo momento – ha spiegato a La Nuova Sardegna -. Questa persona è stata testimone dello spostamento o lo ha addirittura operato in prima persona». «Chi prese Denise voleva ucciderla, ma qualcun altro lo ha impedito. Non è stata riconsegnata alla famiglia perché c’era un patto. Il clima ora è cambiato: qualcuno sta parlando e scardinando degli alibi: ci sono delle testimonianze importanti, le ricerche sono state intensificate e la verità potrebbe essere a un passo».

I depistaggi e l’omertà sulla scomparsa di Denise

L’ex pm ha più volte parlato di un clima di depistaggio e delle difficoltà nel mantenere la riservatezza necessaria per svolgere le indagini: «Gli intercettati sapevano di esserlo e io non potevo fidarmi di nessuno. Così ho cambiato squadra e iniziai a lavorare con un gruppo ristretto di persone. Anche questo non bastò, perché le informazioni filtravano comunque. Denise è scomparsa in un momento in cui la Procura era in una situazione di oggettiva debolezza». Adesso il muro di omertà che prima era solido, sarebbe caduto: «Anna Corona – ha detto – aveva tante amiche e una di queste le fornì l’alibi che ha mantenuto per 17 anni. Disse che quel primo settembre rimase a lavoro fino alle 15.30, come certificato dal registro presenze. Qualche giorno fa l’amica e collega ha rivelato di avere firmato lei per conto di Anna Corona che era andata via prima. Questa donna ha deciso di parlare dopo 17 anni, segno che il patto iniziale è saltato».

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