Sei su Telegram? Ti piacciono le nostre notizie? Segui il canale di SiciliaFan! Iscriviti, cliccando qui!
UNISCITI

Un omaggio alla frutta siciliana più buona.

  • Chi beddi ficu: la poesia di Giuseppe Lodato.
  • Quando arriva il momento, è una gioia portare in tavola questi frutti del sole di Sicilia.
  • Un piacere per gli occhi e, soprattutto, per il palato!

L’antica tradizione contadina siciliana da sempre celebra la terra e i suoi frutti. Il susseguirsi delle stagioni porta in tavola prodotti sempre diversi, coltivati da mani esperte e amorevoli. Ogni morso rivela il sapore della natura e racchiude settimane di maturazione. Un processo sempre identico, che va avanti da millenni, ma che riesce ancora a stupire ed emozionare. Tra i frutti più amati dell’estate in Sicilia, ci sono senza dubbio i fichi.

Dolci, anzi dolcissimi, con una consistenza inconfondibile. Quando sono maturi, viene voglia di coglierli subito per poterli gustare (li avete mai provati con il caciocavallo? Leggete qui). I ricordi dell’infanzia di molti racchiudono quei momenti in cui, possibilmente accompagnati da un nonno, andavano in campagna per vedere se era arrivato il momento di godere dei frutti della terra. E proprio a quei momenti, nonché alla Sicilia più autentica, è dedicata la poesia di Giuseppe Lodato che vogliamo condividere con voi: “Chi beddi ficu”. Un componimento che esprime tutta la musicalità della lingua siciliana e che fa immediatamente pensare all’estate. Vengono in mente immagini di tavole imbandite all’ombra degli alberi, momenti di condivisione e di gioia sincera. Potete scoprire le altre poesie di Giuseppe Lodato cliccando qui.

Foto di Tina Ventinove

Chi beddi ficu di Giuseppe Lodato

Finarmènti si fìciru li ficu,
mi ricìa me nonnu quann’era nicu.
Sutta lu peri di la ficàra,
v’assicùru c’a vita è menu amàra.

Munnativìlli cu dù jìrita e manciativìlli,
su ‘ni l’havìti ‘ncampàgna accattativìlli.
Appena ci appizzàti lu primu muzzicùni,
vi l’agghiuttìti c’un muccùni.

Si ti crisci la panza un ti scantàri,
futtitìnni si ti fannu ‘ngrassàri.
Veni lu cori sulu a taliàlli,
spirugghiàtivi a manciàlli.

Articoli correlati