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La Regione finanzierà l’acquisto della storica struttura

  • Nuova vita per il Cineteatro Vona di Comiso.
  • Fu inaugurato nel 1958 e si chiamava “Diana“.
  • Lo scrittore Gesualdo Bufalino ne ha parlato più volte nei suoi romanzi e nei suoi racconti.

Dopo una chiusura quasi trentennale, lo storico Cineteatro Vona di Comiso (Ragusa) avrà nuova vita. La Regione Siciliana, infatti, ne finanzierà l’acquisto. Il Governo Musumeci ha accolto la richiesta avanzata dal sindaco Maria Rita Schembari nel maggio scorso. L’obiettivo è quello di acquisire la celebre struttura, chiusa ormai dal 1993, che necessita oggi di massicci interventi di ristrutturazione. Un modo, questo per sottrarla al totale degrado e renderla uno spazio di aggregazione sociale e culturale a disposizione del Comune.

Cineteatro Vona, il cinema di Gesualdo Bufalino

«Con questo intervento non solo restituiamo un cinema a Comiso – luogo del quale il Comune è rimasto privo per troppo tempo – ma recuperiamo un pezzo della sua storia e della sua identità»: questo il commento del presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci. Il finanziamento arrivato dalla Regione permetterà di acquisire tutti gli edifici del quadrilatero in cui si trova il cinema. Oltre che luogo di intrattenimento, il cineteatro “Vona” ospiterà anche attività di cineforum sia per studenti sia per appassionati. Questo cinema vanta una storia decisamente interessante. Sorse nel 1934 con il il nome di Cinema Diana. Il nome con cui tutti lo conoscono si deve al suo proprietario, Don Pippinu Vona. Rappresentò un luogo particolarmente importante per intere generazioni di comisani. Lo scrittore Gesualdo Bufalino non a caso, lo citò più volte nei suoi romanzi e nei suoi racconti.

Non tutti lo sanno, ma Geusaldo Bufalino fu un grande cinefilo ed un suo scritto dedicato al cinema è stato posto sulla parete del Cineteatro Vona. «Costava una lira, nel 1935, un biglietto di loggione nel cinema Vona, a Comiso, dove io consumavo quasi ogni sera i miei primi tremanti commerci amorosi col cinema. Una lira, cioè venti soldi, che non era facile mettere insieme. Tuttavia, a costo di chiedere un prestito a un amico più quattrinato o di sfilare la somma con mani notturne dal borsellino paterno, finivo sempre col racimolarla e porgerla nel palmo aperto – obolo e sesamo di un’Ade dalle bellissime larve – alle unghie non sempre nette dell’operatore-cassiere» (tratto da: L’enfant du Paradis, Salarchi Immagini, 1996).

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