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Nel quartiere della Kalsa di Palermo, a Palazzo Torremuzza, nasce PAD, il nuovo progetto artistico dedicato alle opere provenienti da tutto il mondo. Si comincia il 10 giugno con la mostra “Reflect“.

Palermo, alla Kalsa una “casa dell’arte”

A Palazzo Torremuzza nasce PAD, nel cuore del distretto artistico del capoluogo. Il progetto intende portare grande arte internazionale in città, attraverso mostre, eventi, residenze artistiche, art e consulting. Un distretto dell’arte come quelli delle grandi capitali europee e mondiali. Un luogo dove non solo trovare l’arte, ma sentirla vivere.

Si presenta così PAD, il nuovo progetto artistico che trasforma il volto della Kalsa, dedicando uno spazio all’arte del mondo nel cuore di Palermo. Sarà una vera e propria casa dell’arte. Un luogo non convenzionale di fermento culturale, all’interno di Palazzo Torremuzza nell’omonima via, che vuole anche raccontare i tratti internazionali di Palermo al mondo dell’arte.

Ideatori e promotori del progetto sono le siciliane Floriana Spanò, Anastasia De Marco e Lina De Marco, due storiche dell’arte con esperienza nel settore del management e dell’editoria e un avvocato specializzato nel mercato dell’arte. «Abbiamo viaggiato e conosciuto i più bei distretti artistici internazionali, un giorno ci siamo dette: “Perché non replicare quest’esperienza anche a Palermo?”», raccontano.

«Ricerchiamo artisti emergenti, nazionali ed internazionali – spiegano – prestando attenzione a tutti quei temi sociali capaci di portare valore. L’arte cui ambiamo è quell’arte capace di incidere positivamente sulla funzione educativa ed evolutiva degli uomini e degli spazi che vivono».

“Reflect”, l’installazione di Epvs

La prima protagonista sarà Epvs, l’artista italo-tedesca che porta “Reflect” per la prima volta a Palermo. A cura di Floriana Spanò, si tratta di una grande installazione immersiva site specific che sarà inaugurata venerdì 10 giugno e chiuderà le porte giovedì 7 luglio (visitabile dal lunedì al giovedì dalle ore 17 alle 20 e su appuntamento).

Il titolo della mostra gioca sul significato ambivalente del termine inglese “reflect” che può essere tradotto in due modi: significa infatti riflesso, pensiero o meditazione, mentre il verbo “to reflect” si traduce invece come rispecchiare e pone l’accento su quel mondo che nasce quando riflette la luce. Un gioco di parole che racconta la volontà dell’artista di indagare l’anima attraverso una continua relazione tra uomo e ambiente che lo circonda, e uomo e “io”.

Lo spazio è suddiviso in tre aree conseguenziali nelle quali l’installazione prende vita grazie alla performance sonora di Sebastian Vimercati, sound artist, performer e produttore italo-tedesco cresciuto a Roma ma da anni residente a Berlino. Musica e arte, così, si fondono.

Nella prima stanza dischi e semi-dischi in acciaio specchiato di diverse misure – sospesi nello spazio a diverse altezze e inseriti nelle pareti -fluttuano liberi ricreando giochi di luce, riflettendo da diverse angolazioni parti dell’ambiente e delle persone che ne fruiscono, in un susseguirsi di movimenti lenti e continui.

A completare il percorso la composizione sonora “Severe Cogitation”, che immergerà il visitatore in un viaggio introspettivo verso la propria coscienza messa a dura prova dagli stimoli decadenti dei tempi moderni. I suoni generati rimandano a uno scambio quotidiano con l’ambiente circostante, impregnato di rancore e contraddistinto dalla voglia individuale di egemonia. La traccia evoca ritmi tribali e soundscape industriali, elementi ricorrenti nelle produzioni di Sebastian Vimercati. Parte delle percussioni sono state programmate replicando i suoni generati da un drumming sui cerchi metallici.

Si prosegue attraverso la seconda e la terza stanza che ospitano invece le tele e le carte della serie “Black Hole”, realizzate attraverso l’utilizzo di sabbie, resine, acrilici e foglie d’oro e d’argento: un modo per rimettere in armonia lo spirito predisponendo il visitatore a un confronto individuale, rilassante ed empatico.

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