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Chi è Pietro Aglieri. Biografia del siciliano soprannominato “U signurinu”. Dove è nato, quanti anni ha. In che anno ha deciso di dissociarsi da Cosa Nostra, avvenimenti più recenti. Cosa si legge sulla cronaca.

Pietro Aglieri

Pietro Aglieri nasce a Palermo il 9 giugno del 1959, quindi ha 63 anni. Gli attribuiscono sin da giovane il soprannome di ‘u signurinu (cioè “il signorino”), a quanto pare per la propensione al lusso e agli abiti costosi, nonché per il fatto che avesse preso il diploma al liceo classico. Studia in un seminario di Monreale, in provincia di Palermo, quindi presta servizio come paracadutista della Brigata Folgore.

Si sarebbe affiliato poi alla famiglia palermitana di Santa Maria di Gesù e, durante quella che è passata alla storia come “seconda guerra di mafia”, si sarebbe legato ai Corleonesi e Giovanni Bontate. Proprio la famiglia dei Corleonesi, nel 1988, lo avrebbe incaricato di eliminare Bontate. Sarebbe poi diventato capo della famiglia di Santa Maria di Gesù e capomandamento della zona.

Sempre su Aglieri pesa l’accusa di essere stato mandante di alcuni omicidi. La Corte di Cassazione l’ha assolto dall’accusa dell’omicidio del giudice Antonino Scopelliti. Riceve invece la condanna all’ergastolo per fatti legati alle stragi di Capaci e di via D’Amelio, in cui persero la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e gli agenti delle scorte.

L’arresto di Pietro Aglieri avviene a Bagheria, in provincia di Palermo, il 6 giugno del 1997. Gli agenti della Squadra Mobile di Palermo, sotto la guida del commissario Luigi Savina, arrivano a lui seguendo un religioso. Poco dopo la cattura, Aglieri sembra disponibile a collaborare con la giustizia, ma non se ne fa nulla.

Gli anni Duemila

Invia invece nel 2002 una lettera al procuratore nazionale antimafia, Pierluigi Vigna, e al procuratore capo di Palermo, Pietro Grasso, esprimendo la volontà di dissociarsi da Cosa Nostra in cambio di benefici carcerari, proposta che venne rifiutata.

In merito a questa vicenda, un’agenzia dell’AdnKronos del 20 settembre del 2002 riporta:

”La dissociazione è una trappola”. Così il numero due di Cosa nostra, oggi pentito, Antonino Giuffrè, ha parlato ai magistrati del progetto di dissociazione dei boss in carcere. La vicenda risale all’aprile scorso, quando il boss palermitano Pietro Aglieri inviò una lettera al procuratore nazionale antimafia, Pierluigi Vigna, e al procuratore capo di Palermo, Piero Grasso, ventilando una tale possibilità.

Ma l’ipotesi di una presunta dissociazione dei boss della cupola si trova, nero su bianco, in una relazione della Direzione investigativa antimafia sull’attività svolta nel primo semestre del 2000. ”Non è improbabile – si legge nella relazione della Dia – che tra gli obiettivi che Cosa nostra perseguirà in futuro vi sia quello di individuare alcune favorevoli soluzioni, come ad esempio la possibilità di ricorrere alla dissociazione che consentirebbe di sottrarsi ai rigori del regime detentivo speciale”.

Nello stesso anno, sulle pagine de La Repubblica si legge del primo esame sostenuto da Pietro Aglieri nel carcere di Rebibbia. Si è iscritto, infatti, alla Facoltà di Lettere, con indirizzo teologico. L’esame in questione è Storia del Cristianesimo, superato con una votazione di 30 e lode.

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