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“Dammuso” è un termine siciliano di origini arabe che significa ‘volta’. Viene utilizzato ancora oggi per indicare un particolare tipo di costruzione architettonica con il tetto a cupola.

La zona carsica dei monti Iblei (che comprende le province di Ragusa, Siracusa e Catania) è caratterizzata da questo tipo di costruzioni, che venivano spesso ricavate dalla roccia calcarea e in seguito ampliate, anche attraverso l’uso di altri materiali.

Le antiche popolazioni sicule, si erano stabilite nel territorio già nell’VIII secolo a.C., spesso costruendo i propri insediamenti, ricavandoli da nuove grotte che scavavano accanto a quelle naturali già esistenti.
Con l’arrivo degli Arabi, queste costruzioni vennero ampliate e in seguito fortificate, prima con strutture in legno, poi con muratura a secco. Un esempio particolarmente significativo di ‘dammuso’ è visibile a Modica, in provincia di Ragusa; la parte storica della città conserva tutt’oggi questi significativi aggrottamenti che erano i primi insediamenti abitati a costituire la città.
Anche le zone di Palazzolo Acreide, Buccheri, Ferla e Cassaro sono ricche di queste particolari costruzioni che, se non venivano ricavate da una grotta preesistente, venivano scavate nella roccia a forma di archi a tutto sesto.

Esempi particolarmente noti e tipici di ‘dammuso’, si trovano anche sull’Isola di Pantelleria.
La grossa isola di formazione vulcanica, situata a pochi chilometri dalla costa tunisina, si pensa infatti, con tutta probabilità, che fu invasa dagli Arabi, i quali fecero di essa un’importante insediamento agricolo.
Costruiti nella pietra lavica locale murata a secco, i ‘dammusi’ di Pantelleria erano strutture, generalmente di pianta quadrangolare, con volte più tipicamente a botte imbiancata a calce, che serviva per la raccolta dell’acqua piovana. Attraverso ‘a canallata’, cioè una struttura di canne che ricopriva il tetto, l’acqua veniva infatti poi trasportata nella cisterna per essere utilizzata.

Gli Arabi avevano infatti ricoperto il territorio di Pantelleria con nuovi, innovativi sistemi di irrigazione, e avevano portato sull’isola anche nuovi semi e arbusti come il gelso e la canna da zucchero. Si dice inoltre che fecero la fortuna dell’isola tramite i terrazzamenti di zibibbo, l’uva tipica portata all’isola dai Fenici, e con l’istituzione di diversi agrumeti.

Altre abitazioni tipiche della cultura siciliana di cui ci siano rimaste tracce etnografiche, sono sicuramente quelle povere della cultura contadina dell’Ottocento: ‘i pagghiaru’. Nuclei abitativi costituiti da un unico ambiente presso il quale si trovavano a convivere uomini e animali. Al suo interno, si svolgevano tutte le attività domestiche. Altre costruzioni tipiche della Sicilia sono quelle del contadino agiato o ‘burgisi’. Abitazioni disposte su due piani, o comunque a più vani. Spesso, l’arredamento interno variava a seconda della zona e delle condizioni economiche del contadino.

Nel trapanese ad esempio, le case del burgisi erano disposte su due piani: che tenevano divisi l’ambiente pubblico da quello privato, la zona giorno dalla zona notte. Al pian terreno si trovavano ad esempio le stalle, la cucina e i magazzini, e al piano superiore, al quale si accedeva tramite una scala interna, la camera. Anche nel messinese la casa era disposta su due piani, ma al piano superiore si trovava il forno, con l’uscita direttamente sul tetto. In comune, tutte le dimore rurali avevano una copertura vegetale, costituita frequentemente da ‘fili di ddisa’ e canne intrecciate, che posavano su un rivestimento di tavole in legno e tegole in argilla.
Alcuni esemplari di pagghiaru sono stati ricostruiti presso il Museo Etnografico Siciliano “Giuseppe Pitrè”.

Tipiche sono anche le case dell’architettura eoliana. Di forma cubica e dal caratteristico colore bianco, venivano realizzate in quelli che erano i materiali naturali delle isole: pietra lavica e tufo. Caratterizzata da un unico ambiente e da un’unica porta d’entrata, la sua forma e la presenza di pochissime finestrelle tonde, dotate di sbarre, attestano la necessità degli abitanti, di costruire abitazioni che avessero anche un valore difensivo di fortezza. Ad oggi, le case eoliane sono organizzate in più vani, presentano più aperture, (per il passaggio dell’aria), e la caratteristica terrazza ampia (bagghiu) sostenuta da colonne (pulèra) di forma cilindrica, e delimitata da muretti in pietra, i bisola, spesso maiolicati. Il tetto (astricu) è una struttura di travi e battuto solare (calce e lapilli) di orientamento perfettamente orizzontale, per raccogliere l’acqua piovana.

Autore | Enrica Bartalotta

Foto di Flavia Mangiaracina