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01Leonardo Sciascia è nato a Racalmuto, in provincia di Agrigento, l’8 gennaio 1921. Fu un prolifico scrittore, saggista e poeta italiano, considerato uno dei grandi del Novecento.

Primo di tre fratelli, suo padre, Pasquale Sciascia, era impiegato presso una delle miniere di zolfo locali, che ricorreranno sia nella storia come in alcune opere dello scrittore. A Racalmuto, Sciascia frequenta le scuole elementari, ma nel 1935 si trasferisce con la famiglia a Caltanissetta e lì, frequenterà l'Istituto Magistrale “IX Maggio”. Qui conoscerà Vitaliano Brancati, suo modello e professore, che diventerà guida nella lettura degli autori francesi, mentre l'incontro con un giovane insegnante, Giuseppe Granata, lo fa avvicinare agli Illuministi e alla letteratura.

Richiamato alla visita di leva viene considerato due volte non idoneo, ma alla terza viene accettato e assegnato ai servizi sedentari. Il 1941 è l’anno in cui Sciascia completa gli studi e si impiega al Consorzio Agrario, occupandosi dell'ammasso del grano a Racalmuto, dove rimane fino al 1948; fu qui che Sciascia apprese la vita e le abitudini della civiltà contadina, con cui venne in contatto. Nel 1944 sposa Maria Andronico, maestra della scuola elementare di Racalmuto, da cui avrà due figlie. Oggi, sono insieme sepolti presso il cimitero della città.

Il 1950 è l’anno delle sue prime opere: pubblica le "Favole della dittatura", che Pier Paolo Pasolini nota e recensisce. Il libro è un’antologia di ventisette brevi testi poetici: favole esopiche classiche, con morali chiare e per protagonisti gli animali. Nel 1952, esce la raccolta di poesie “La Sicilia, il suo cuore”, con disegni dello scultore catanese Emilio Greco. Nel 1953, la Regione Siciliana gli consegna il Premio Pirandello, vinto per il suo saggio “Pirandello e il pirandellismo”.
L’anno dopo inizierà una collaborazione con riviste antologiche di letteratura e studi etnologici. In particolare, dal 1955 inizierà a scrivere per il quotidiano palermitano “L'Ora”, con il primo articolo dedicato al poeta dialettale catanese Domenico Tempio; dal 1964 al 1968, presso il quotidiano vi terrà una rubrica fissa, intitolata “Quaderno”.

Nel 1956 pubblica “Le parrocchie di Regalpetra”, una sintesi autobiografica della sua esperienza come maestro elementare del suo paese. Nello stesso anno viene trasferito in un ufficio scolastico di Caltanissetta.
Nell'anno scolastico 1957-1958 si sposta a Roma e qui pubblica i suoi primi tre racconti sotto il titolo di “Gli zii di Sicilia”; il terzo racconto, “Il quarantotto”, tratta l'Unificazione del Regno d'Italia attraverso gli occhi di un siciliano; tramite l’analisi della classe dominante, Sciascia riprende un po’ il sentimento di distacco già analizzato da Federico De Roberto ne “I Viceré” (1894) e da Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne “Il Gattopardo”.
Alla raccolta si aggiunge, nel 1960, un quarto racconto, “L'antimonio”; in esso si narra la storia di un minatore che, scampato ad uno scoppio di grisou (l’antimonio), parte come volontario per la guerra d'Abissinia e, in seguito, per la Guerra Civile di Spagna. Il racconto venne ben accolto dalla critica; Pasolini stesso gli dedicherà un articolo sulla rivista “Officina”.

Quando torna a Caltanissetta, Sciascia assume un impiego in un ufficio del Patronato scolastico, ed è qui che si dedica alla pubblicazione dei suoi primi romanzi. Nel 1961 esce “Il giorno della civetta”, col quale lo scrittore inaugura una nuova stagione del giallo italiano contemporaneo. Al romanzo si ispirò Damiano Damiani per la realizzazione dell’omonimo film, edito dal 1968.

Gli anni Sessanta vedranno nascere alcuni dei romanzi più sentiti dall’autore, il frutto cioè di ricerche storiche sulla cultura siciliana. Il 1963 è la volta di “Il consiglio d'Egitto”: in una Palermo del Settecento, assistiamo alle vicende dell'abate Giuseppe Vella, un abile falsario che vorrebbe togliere ogni legittimità e privilegi ai baroni siciliani, in favore del Viceré Caracciolo.
Nel 1964, Sciascia pubblicherà un breve saggio intitolato la “Morte dell'Inquisitore”, ambientato nel Seicento. La storia prende spunto dalla figura di fra' Diego La Matina, eretico siciliano che uccide Juan Lopez De Cisneros, inquisitore del Regno.
Risale al 1965 il saggio “Feste religiose in Sicilia”, che fa da cornice alla presentazione di una raccolta fotografica di Ferdinando Scianna, fotografo di Bagheria. Qui, torna l'accostamento e la somiglianza tra Sicilia e Spagna, soprattutto per quanto riguarda la presenza e il valore attribuito, nelle due culture e società, a superstizione religiosa e mito.

Sempre nel 1965, esce la sua prima commedia “L'onorevole”, una sprezzante denuncia delle complicità tra governo e mafia. Nel 1966, l’eclettico scrittore tornerà con un romanzo, “A ciascuno il suo”, il suo secondo giallo. Nella storia, prende rilievo la sua Sicilia; la vita di paese e l’omertà che spesso segna il passo quando accade un fatto inaspettato e di sangue, e quello che invece, a dispetto delle apparenze, sarà un finale comico. Dal romanzo, il noto regista del noir italiano, Elio Petri, ne trae un film omonimo, l’anno successivo.
Nello stesso anno dell’uscita del film, Sciascia si trasferì a Palermo, per seguire gli studi delle figlie e scrivere. Nel 1969, inizia la sua carriera di giornalista per il “Corriere della Sera”, con “Recitazione della controversia liparitana dedicata ad A.D.”, una rappresentazione teatrale di una controversia per la vendita di una partita di ceci (siamo all’inizio del Settecento), ovvero un’allegoria di denuncia dei rapporti tra Stato-guida dell'ex Urss e i suoi Stati satelliti.

Nel 1970 Sciascia va in pensione ed esordisce nuovamente nel panorama letterario, con la raccolta di saggi “La corda pazza”, nella quale l'autore chiarisce la propria idea di ‘sicilitudine’. Quest'opera richiama “Berretto a sonagli” di Luigi Pirandello, in cui l’autore sostenne che ognuno di noi ha in sé «come tre corde d'orologio, quella ‘seria’, quella ‘civile’, quella ‘pazza’».
Il 1971, è l'anno in cui lo scrittore torna al poliziesco con “Il contesto”. Benché il romanzo sia ambientato in un paese immaginario, è facile riconoscere nell’ambientazione un'Italia contemporanea fatta di brogli, corruzioni e scandali. Il libro venne accolto da molte polemiche, tant’è che Sciascia sentì di voler ritirare la sua candidatura al premio Campiello. Dal romanzo nacque il film di Francesco Rosi, “Cadaveri eccellenti”, del 1967. Nel 1972 inizia la sua assidua collaborazione con “La Stampa”.
 

 

Con gli “Atti relativi alla morte di Raymond Roussel” del 1971, Sciascia continua il suo cammino di denuncia sociale usando la narrazione di veri e propri episodi di cronaca nera. Così sarà ne “I pugnalatori” del 1976, e ne “L'affaire Moro” del 1978.
Nel 1973 pubblica “Il mare colore del vino” e scrive la prefazione ad un'edizione della “Storia della colonna infame” di Alessandro Manzoni.
Nel 1974 curerà la prefazione di una ristampa dei “Dialoghi”, dello scrittore greco Luciano di Samosata.
Il 1974 fu anche l’anno di “Todo modo”. Durante il ritiro spirituale annuale di un gruppo di ‘potenti’, inclusi uomini della Chiesa Cattolica, si verifica una serie di inquietanti delitti. Anche da questo romanzo, due anni più tardi verrà tratto un film omonimo del regista Elio Petri.

Leonardo Sciascia fu anche un politico. Alle elezioni comunali di Palermo, del giugno 1975, lo scrittore si candida come indipendente nelle liste del PCI; viene eletto con un forte numero di preferenze, posizionandosi subito dopo Achille Occhetto, Segretario Regionale del partito, e davanti al compaesano Renato Guttuso.
Nello stesso anno pubblica “La scomparsa di Majorana”, in cui propone la sua personale indagine sulla misteriosa scomparsa del fisico catanese, avvenuta negli anni Trenta.
All'inizio del 1977, Sciascia si dimette dalla carica di consigliere del PCI per divergenze di partito.
Nel giugno del 1979, accetta la proposta dei Radicali e si candida sia al Parlamento Europeo che alla Camera. Eletto in entrambe le sedi istituzionali, deciderà di impiegarsi presso Montecitorio, dove si occuperà quasi esclusivamente, e fino al 1983, dei lavori della Commissione Parlamentare d'Inchiesta sulla ‘Strage di via Fani’, del rapimento Moro, e sul terrorismo in Italia.

In questi anni si intensificano i contatti con la cultura francese, in seguito ai suoi molteplici viaggi presso la capitale; fu infatti nel 1978 che pubblicherà “L'affaire Moro”, e nel 1979 “Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia”, dal chiaro riferimento al Candido di Voltaire.
Esce in quell'anno anche “Nero su Nero”, una raccolta di commenti ai fatti relativi al decennio precedente, “La Sicilia come metafora”, un'intervista di Marcelle Padovani, e “Dalle parti degli infedeli”, una raccolta delle lettere di persecuzione politica inviate negli anni Cinquanta dalle alte gerarchie ecclesiastiche al vescovo Patti; con questa uscita Sciascia inaugurerà la collana intitolata “La memoria”.

Il 1980 è l’anno di “Il volto sulla maschera” e di “Il procuratore della Giudea”, traduzione di un'opera di Anatole France. Nel 1981 pubblica “Il teatro della memoria”, e collabora con Davide Lajolo in “Conversazioni in una stanza chiusa”.
Nel 1982 escono “Kermesse” e “La sentenza memorabile”, mentre l’anno dopo fu la volta di “Cruciverba”, una raccolta di suoi scritti già pubblicati su riviste, giornali e prefazioni.
Nel 1984 pubblicherà “Stendhal e la Sicilia”, un saggio per commemorare la nascita dello scrittore francese.
In quegli anni gli verrà diagnosticata una malattia del sistema immunitario, che lo porterà a viaggiare spesso dalla Sicilia a Milano per curarsi; continuerà comunque la sua attività di scrittore fino al 1988.

Nel 1985 pubblica “Cronachette” e “Occhio di capra”, una raccolta di modi di dire e proverbi siciliani, e nel 1986 “La strega e il capitano”, un saggio che commemora la nascita di Alessandro Manzoni.
Nel 1987 esce il breve romanzo giallo “Porte aperte”, e pubblica, per il “Corriere della Sera” l’articolo dal titolo “I professionisti dell'antimafia”; inoltre curerà una mostra presso la Mole Antonelliana di Torino, con l’esposizione di 200 ritratti fotografici di famosi scrittori della storia, dall’Antichità ai giorni nostri. L’anno dopo è la volta de “Il cavaliere e la morte”, altro romanzo giallo, e “Una storia semplice”, ispirato al furto della Natività del Caravaggio, che uscirà in libreria il giorno stesso della sua morte.
Pochi mesi prima di morire scriverà “Alfabeto pirandelliano”, “A futura memoria (se la memoria ha un futuro)”, che uscirà postumo, e “Fatti diversi di storia letteraria e civile”.

Autore | Enrica Bartalotta