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‘U furmaggiu di Santo Stefano di Quisquina, è un prodotto tipico siciliano che viene prodotto presso l’area centrale dei monti Sicani, tra le provincie di Agrigento e Palermo.

Questo formaggio a pasta cruda e molle a base di latte ovino, rientra nell’elenco dei prodotti agroalimentari che il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ha riconosciuto come tradizionali.
La sua particolarità sta nella realizzazione, che gli dà anche una caratteristica crosticina, dal colore giallo paglierino intenso. Da ottobre a giugno, il formaggio viene preparato e poi sottoposto a una stagionatura lunga circa 6 mesi, durante la quale le forme vengono ripetutamente rigirate e rimaneggiate per essere imbevute, talvolta, con dell’olio d’oliva.

Per preparare il formaggio di Santo Stefano di Quisquina, è necessario portare il latte di pecora ad una temperatura di circa 36-40 °C, al quale poi vi si aggiungerà il caglio di agnello. Una volta che il caglio si sarà riposato (per circa 30-40 minuti), sarà possibile romperlo con la rotula e pressarlo nei ‘cannistri’, che gli daranno la tipica forma cilindrica con lato superiore concavo.
Dopodiché, il prodotto così composto passerà alla fase della cosiddetta scottatura, in cui i canestri in cui sono disposti vengono fatti scaldare per circa tre-cinque ore nel siero di latte a 85 °C.
Successivamente, il formaggio viene estratto dalle forme così che possa spurgare; e viene fatto riposare sui piani inclinati che li aiuteranno a liberarsi dei liquidi in eccesso.
Infine, le forme vengono sottoposte alla fase della salatura, che può durare fino a due giorni, e della stagionatura vera e propria, fatta, a volte, con l’aggiunta di olio d’oliva.

Nella stessa area geografica, viene realizzato il tumazzu di vacca, detto anche ‘Fiore Sicano’, anch’esso prodotto tipico del P.A.T.
Realizzato con latte vaccino o latte vaccino e ovino, è un formaggio a pasta gialla realizzato con l’aggiunta di caglio di capretto o agnello, la cui stagionatura può variare dai 3 ai 18 mesi. A volte, vengono anche aggiunti dei grani di pepe nero o del peperoncino, per dare alle forme un sapore più stuzzicante. Tra le due province, di Agrigento e Palermo, viene anche preparata la provola dei Monti Sicani, un formaggio a pasta filata a base di latte vaccino, dalla caratteristica forma a pera. Anche in questo caso, la materia prima viene rotta con caglio di agnello o capretto scaldata a 37 °C, e viene sottoposta a stagionatura in locali esposti alla luce e all’aria.
Una volta rotta la cagliata, la provola si mette a spurgare e ad acidificare per circa 24 ore, ed è qui che assume la sua forma, tramite lavorazione a mano del casaro, che si conclude con un bel fiocco sulla sommità, avvolto da un nastro, atto alla stagionatura. Infine il prodotto viene disposto in salamoia, dove rimarrà dalle 4 alle 6 ore.

Autore | Enrica Bartalotta