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Ad un miglio circa da Agrigento dalla parte di nord est, e precisamente sopra la sponda orientale dello stagno del fiume Drago, si eleva una fila di colline, interrotta oggi da uno stradale, chiamata Serra di Santa Lucia. Essa fino a pochi anni addietro formava unica catena di considerevole mole, quale era in origine: ma poco tempo in qua è stata trasformata dalla sua originaria configurazione.

Nell´anno 1867 tracciata la strada che da Girgenti conduce a Raffadali, si venne a tagliare quasi nel mezzo detta Serra in modo da formare uno stretto passaggio fra due montagne assai pericoloso ai viandanti. Questo punto di strada, che andò a smembrare la suddetta catena di colline da quel giorno in poi fu denominato Stretto o Passo di santa Lucia.

Nel 1908 a causa dei lavori per la linea ferroviaria ridotta Porto Empedocle – Castelvetrano molta pietra si distaccò dalla serra, che fu trasportata a Porto Empedocle per uso di brecciame. Il volgo asserisce che in questa serra alcune persone abbiano trovato dei tesori e si son fatte ricche.

Però è fuor di dubbio che essa è stata sempre, come lo è ai nostri giorni, il ritrovo di masnadieri e di malfattori, che di tanto in tanto devastano le campagne, rubano e uccidono i viandanti. Tant´è che tuttora quando certi buoni e retti agrigentini hanno da fare con qualche uomo di frode, o di mafia, che vorrebbe secondo l´occasione ingannare alcuno, sogliono rimproverarlo col dire: “Tinni po´ iri a lu strittu di Santa Lucia” (te ne puoi andare allo stretto di Santa Lucia).

Or questa serra ha una leggenda.

Di essa narra il popolo che il Drago, il quale abitava nello stagno detto “naca di lu Dragu” (culla del drago), che sottostà alla serra, a malincuore sopportava che Santa Lucia fosse la protettrice delle terre circonvicine e s´industriava di togliere alla Santa tal privilegio. Quindi un giorno il Drago fece alla vergine martire questa proposta: Chi di noi due con un dito avrà la possanza di sfondare fino a certo punto nello spessore della serra prenderà il diritto di protettorato delle località a noi vicine. Santa Lucia accettò la proposta.

Per il primo il Drago appuntò il grosso dito della sua gran mano nella Serra: ma ahi sventura! non poté affondarlo, né fare il benché minimo buco, e se ne ritornò umiliato e col dito spezzato…

Andò poscia Santa Lucia e, con un dito della sua manina, che sembrava di cera, appena toccò un punto della serra questa si sfondò facendo un profondo buco, che sussiste, come dicono, tale quale fu fatto allora. In tal guisa la vergine siracusana rimase protettrice delle terre che si estendono alle vicinanze della serra.

Ed in vero, dalla leggenda passando alla realtà delle cose, risulta che le proprietà che si estendono intorno alla detta serra in maggior parte vengono chiamate terre site nel territorio di Girgenti contrada Santa Lucia, e così son chiamate fino ad oggi dal popolo di Girgenti e di Montaperto, non che dagli abitanti di altri paesi, che di detta località hanno una qualche cognizione.

Solamente una piccola parte di dette terre, che son quelle che confinano coll´una e coll´altra sponda dello stagno del Drago, è descritta e nominata dal popolo terre site nel territorio di Girgenti contrada Drago. Intanto sia queste che quelle per lo più son gravate di canoni dovuti alla Madrice Chiesa di Montaperto.

A por fine a queste brevi notizie diciamo che alle falde della Serra di Santa Lucia di Girgenti, e precisamente dalla parte di mezzogiorno e di oriente, vi furono scavate alcune miniere di zolfo dette zolfare di Santa Lucia, che sono state di ricchezza ai proprietari dei relativi fondi e di gran commercio agli operai agrigentini che si addicono all’industria degli zolfi.

Salvatore Saieva, La serra di Santa Lucia in Girgenti, in “La Siciliana”, Avola, anno III, n. 8, agosto 1914.

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