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Il pozzo della Magione, un segreto da svelare.

  • Nel chiostro di una delle chiese più famose di Palermo si nasconde un particolare segreto.
  • Il pozzo custodito nel chiostro sembra apparentemente come gli altri, ma non lo è.
  • Per rendersi conto della sua unicità, basta leggere un’iscrizione risalente al 1353.

La chiesa della SS. Trinità di Palermo, nota come la Magione, nasconde un interessante segreto. Le origini di questo complesso abaziale risalgono a poco prima del 1193: si trova al limitare della Kalsa, uno storico quartiere del capoluogo, nei pressi del porto. Fondatore dell’abbazia fu Matteo d’Aiello, Cancelliere di Trancredi, ultimo re dei normanni. Volle destinarla ai monaci cistercensi, introdotti dai sovrani in Sicilia affinché velocizzassero il processo di latinizzazione del clero. Vi abbiamo già anticipato che oggi vi parleremo di un segreto custodito da questo prezioso edificio: per scoprirlo, dobbiamo addentrarci nel chiostro della Magione. È qui, infatti, che troviamo un pozzo dalla storia davvero particolare.

Il chiostro, mutilo nei lati corti e collocato – contro l’uso più frequente – ad occidente della chiesa, è ciò resta dell’originario monastero cistercense. In piccolo, fa pensare al ben più celebre Chiostro di Monreale. Vi troviamo, infatti, colonnine binate con capitelli a doppia corona di foglie , che sorreggono le arcate ogivali a doppia ghiera. Nelle prime due colonnine a sinistra dell’ingresso ci sono sculture uccelli beccanti. Il lato sud-orientale è stato pesantemente rifatto negli anni Cinquanta, mentre quello occidentale è stato liberato dai restauri degli anni Novanta dalla tompagnatura che lo occludeva.

Nel chiostro della Magione c’è un pozzo speciale

La porzione visibile del pozzo, che si vede al centro del chiostro, fu portata alla Magione nel 1943, dopo essersi salvata dai bombardamenti che distrussero quasi del tutto il monastero del Cancellieri, dove prima si trovava. Alla fine degli anni Sessanta venne fatta un’interessante scoperta da monsignor Benedetto Rocco. Nella parte superiore del pozzo, un elemento in marmo bianco, posto sui mattoni vi sono delle iscrizioni in lingua ebraica: quelle iscrizioni ne rivelano la funzione originaria. Era una pietra sepolcrale risalente al 1353, posta sulla tomba di un giovane ebreo palermitano nome Daniele. L’iscrizione recita: “Nella sua arca giace ancor vegeto Daniele, figlio di Rabbi Saadia. La sua anima sia custodita nello scrigno della vita. Su di lui il bene e il riposo dell’anima. Il suo riposo sia nella gloria”.

Foto: Luisa Cassarà

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