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Cosa sono i Ddieri di Baulì?

  • Il termine diere indica una costruzione tipica del territorio siracusano, scavata nella roccia calcarea.
  • Questo nome deriva dall’arabo diyar (casa).
  • Si tratta, infatti, di una casa rupestre abitata in epoca araba e bizantina.

La Sicilia non smette mai di stupirci con la sua storia. Oggi facciamo tappa in provincia di Siracusa, per scoprire insieme alcune antiche abitazioni scavate nelle roccia calcarea. I Ddieri di Baulì sono antiche case rupestri, abitate nell’epoca araba e bizantina. Pochissimi sono gli studi condotti in merito, ragione per cui si conosce molto poco sulla loro storia e la loro funzione. Nell’antico bosco di Baulì, ve ne sono diversi e uno di questi è in qualche maniera ancora accessibile. Vi sono ambienti scavati nella roccia che si arrampicano nella parete della cava. Arrivare è estremamente complicato e sconsigliato a chi non è esperto. I dieri si caratterizzano per essere “incastonati” nelle pareti di canyon praticamente inaccessibili. Sono famosi anche i dieri di Cavagrande del Cassibile e quelli di Villasmundo .

La descrizione

Persino il grande viaggiatore Jean Houel, nel 1777, rimase affascinato dai Ddieri di Baulì e ne fece una dettagliata descrizione:  «La cava, tortuosa, offre in ogni lato, ad una certa altezza, rocce tagliate quasi verticalmente nelle quali sono scavate abitazioni. Tali dimore umane risalgono ad un’epoca molto vicina a quella in cui la Sicilia ebbe i sui primi abitanti: gli uomini, ignorando ogni sorta di lusso, avevano usi non paragonabili a quelli siciliani hanno avuto nei tempi di cui conosciamo le tradizioni». Per quanto riguarda le abitazioni, ha scritto: «Le abitazioni sono ricavate in rocce poste a picco dalla natura, al di sopra del terreno inclinato, nel fondo del quale scorrono i ruscelli o i torrenti che hanno prodotto l’ampio dirupo».

Gli interni

Si è anche soffermato su una di esse: «L’abitazione che mi è sembrata tra queste degna di essere osservata è costituita innanzitutto da una grande sala del pianoterra e da una sala posteriore con le mura arcuate che fanno pensare che un tempo sia stata decorata. All’entrata della prima stanza vi è una scala il cui primo gradino è a quattro piedi e mezzo al di sopra del suolo. Questa scala a chiocciola ha dieci e gradini conduce ad un piccolo pianerottolo stretto e quadrato. Si sale in seguito perpendicolarmente mettendo i piedi e le mani in buchi quadrati praticati gli uni al di sopra degli altri nella roccia e, passando attraverso una specie di pozzo piccolo che perfora lo spessore del pavimento, si arriva al piano superiore, dove si trova, allo stesso livello, un appartamento di dodici stanze.

Si accede alla maggior parte di queste camere attraverso una galleria esterna, formata da una sezione sporgente di roccia che offre un punto di vista gradevole dal quale si può osservare ciò che avviene nella valle. All’estremità della galleria si trova una piccola latrina, anch’essa scavata nella sezione avanzata di roccia. Vi si scende attraverso sette o otto gradini: si vede il sedile, l’apertura, una piccola finestra, delle piccole nicchie dal piano orizzontale destinate a ricevere tutto ciò che poteva essere necessario alla pulizia. Questo gabinetto poteva essere chiuso con una botola ed essere così completamente sottratto alla vista».

Foto: Davide Mauro

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