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Un giardino siciliano da scoprire.

A due passi dalla celebre Valle dei Templi si trova un vero e proprio museo naturalistico a cielo aperto. Qui si cammina tra ulivi, mandorli e banani, incontrando fichi d’India e mele. Circa 20mila piante, sparse in 7 ettari di terreno, che fanno capo ad oltre 300 colture ed essenze diverse, espressioni tipiche della vegetazione mediterranea e tropicale. Il Giardino Botanico di Agrigento è un prezioso polmone verde che riserva interessanti sorprese, come ipogei, cioè vani sotterranei, e caverne. Esploriamo insieme questo luogo ricco di fascino.

La storia del Giardino

Questo spazio è nato nel 1999 e il suo nome scientifico è Hortus Botanicus Acragantini. Si estende lungo il versante sud della città di Agrigento, tra viale della Vittoria e via Demetra. Si compone di una serie di habitat dedicati alle diverse collezioni di piante: le variazioni di quota, le rocce, le grotte e gli anfratti caratterizzano il Giardino Botanico di Agrigento, offrendogli un grande potenziale per coltivare specie forestali, agrarie, officinali e ornamentali, che lo rendono unico. All’interno del Giardino vi sono inoltre una serie di “terrazze” che sorgono su banchi in tufo, offrendo ai visitatori un’ineguagliabile vista su tutta la Valle dei Templi. È presente anche un “erbario”, con diverse centinaia di essenze erbacee essiccate e catalogate, di cui alcune risalenti al XIX secolo.

Gli Ipogei del Giardino Botanico di Agrigento

Oltre alle bellezze in superficie, il Giardino Botanico offre alcune sorprese sotterranee. L’uomo, per lunghi periodi, ha portato avanti attività per estrarre cocci di calcarenite, ma anche per effettuare opere idrauliche. Gli ipogei sono strutture cuniculari, in particolare dedicate al reperimento delle acque in falda. L’escavazione di queste cavità artificiali viene fatta risalire dagli storici al periodo che va dal 480 a.C. in poi. In particolare, Diodoro Siculo ne dà una collocazione storica molto attendibile attribuendo la realizzazione di queste opere all’architetto Feace, nel periodo in cui regnava, nell’antica Akragante, Terone.

Secondo Diodoro fu Terone a volerne la costruzione utilizzando le migliaia di schiavi cartaginesi catturati durante la vittoriosa guerra di Imera, appunto nel 480 a. C.. Nei periodi successivi queste cavità hanno subito continue variazioni sia architettoniche che di utilizzo. La maggior parte di questi Ipogei sono stati realizzati per l’estrazione di acque dalla falda e, senza dubbio alcuno, buona parte degli Ipogei dell’area del Giardino Botanico rientrano in questa categoria.

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