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Foto Roberto CattonaSavoca è un comune della provincia di Messina, ‘borgo più bello d’Italia’ dal 2008, e una nota città d’arte. È anche conosciuta con il nome di ‘paese delle sette facce’.

Il territorio comunale ha un’estensione di circa 8 km2, che si estendono sulla sommità di una rocca a 303 metri sul livello del mare. Il centro storico, di origini medievali, è diviso in piccole frazioni densamente popolate, immerse nella vegetazione coltivata ad agrumeti, alternati a vaste zone pianeggianti di uliveti e vigneti, parte fondamentale dell’economia locale, assieme agli allevamenti di bovini, ovini e suini, e all’artigianato caratterizzato dalla lavorazione di prodotti in legno.

Le origini della cittadina sono piuttosto controverse.
Secondo la prima ipotesi, il centro di Savoca dovrebbe corrispondere a Pentefur, centro abitato dai romani di Sesto Pompeo, in fuga dalle orde di barbari che invasero Phoinix nel III-IV secolo d.C.
Un’altra teoria vorrebbe invece che il borgo messinese nacque nel I secolo d.C., all’epoca della distruzione, da parte di Ottaviano, del villaggio di Phoinix.
La toponomastica di Pentefur ha dato vita a una leggenda medievale, che vuole quindi il centro storico di Savoca, fondato da cinque (‘penta’) ladroni, fuggiti dal carcere della vicina Tauromoenium. Più probabilmente però, Pentefur era già abitata in Età Preistorica; alcuni pensano che sia semplicemente l’acropoli dell’antico centro fenicio di Phoinix, il cui centro abitato sorse alla foce del torrente Agrò.

Secondo padre Basilio Gugliotta da Naso e padre Giampietro Rigano da Santa Teresa di Riva, il toponimo deriverebbe da Punctifur, a indicare il nome di un eroe o capopopolo o di un qualche gruppo sociale, e non dai cinque furfanti; un’ipotesi suffragata da alcuni storici che non hanno mai trovato testimonianze e documentazioni dei cinque.
Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, Pentefur fu colonizzata dai Bizantini, che ne fecero un villaggio fortificato. Venne conquistata dagli Arabi nell'827 d.C., e rimase sotto il loro dominio fino all’arrivo dei Normanni. Durante la dominazione araba, venne rimessa in sesto l’antica fortificazione romana, e venne costruito il muro di cinta che circondava la città. Fu inoltre nel IX secolo che Savoca conobbe il suo primo periodo di sviluppo, attraverso l’introduzione degli alberi di agrumi, della melanzana, della canna da zucchero, del cotone e dell'albicocco, nonché delle pratiche per l’allevamento del baco da seta.
 

Foto Salvatore Cisto

Con l’arrivo dei Normanni, il centro godette di un secondo sviluppo, che lo fece entrare all’interno di un enorme feudo, detto Baronia, Terra di Savoca o ‘Universitas Sabucae’, voluto dal re di Sicilia Ruggero II d’Altavilla. All’interno di questa giurisdizione politica, amministrativa e religiosa, ricadevano tutti i territori compresi tra i monti Peloritani e il mar Jonio, tra cui anche Savoca.
In questo periodo, venne edificata la Cattedrale dedicata alla Madonna Assunta, e nel Duecento, le chiese di San Michele e di San Nicolò.

Savoca partecipò ai Vespri del 1282 e il 30 novembre 1355, pochi mesi dopo la sua ascesa al trono, re Federico IV di Sicilia, elevò il Castello di Pentefur a Castello Regio. Nel Trecento, anche il comune di Savoca fu decimato dall’epidemia di peste nera, e lentamente ripopolato durante il XIV secolo. Tra il XIV e il XV secolo, Savoca venne attaccata dai barbari, che non riuscirono a espugnarla.
Fu proprio nel Quattrocento che conobbe nuovo splendore, sia economico che demografico, grazie alle numerose presenze nobili che vennero ad abitarci stabilmente durante tutto il corso del secolo.
In questo periodo il Castello viene restaurato e ampliato; l'abitato, che fino ad allora era rimasto abbarbicato alla rocca, si espanse sensibilmente. Nacquero così, fuori dalle mura, due nuovi quartieri: ‘Lu Burgu’, (il Borgo) che ospitava le abitazioni delle famiglie più agiate, e ‘Sant'Antonio’, nel cui territorio vi era ubicata l'omonima chiesetta, scomparsa dopo la frana del 1880.

Charley Fazio Fotografia

Il Cinquecento è un altro periodo di ricchezza e splendore per Savoca; il censimento del 1540 attesta infatti una popolazione di ben 5.145 abitanti, facendo di questo borgo, uno dei comuni più grandi e importanti della zona, insieme a Taormina. Nella seconda metà del XVI secolo, Savoca venne inserita nella Comarca di Taormina. La sua fama di paese fiorente percorse ben presto tutta l’Isola, non solo per le abilità degli artigiani e degli agricoltori, ma anche perché, secondo lo storico Vito Amico, del suo territorio facevano parte anche numerosi giacimenti di piombo, ferro, antimonio, e una piccola cava di marmo.

Fu nel Seicento che lo splendore savocese iniziò a declinare. Nonostante il suo discreto sviluppo agricolo e la zona litorale di interesse strategico-militare, la città cadde ben presto vittima del malgoverno spagnolo e della necessaria sottomissione alla città di Messina, da cui aveva tanto desiderato l’indipendenza. Ma Savoca non prese parte ai moti del 1647, in quanto la congiura antispagnola cittadina venne scoperta il giorno prima e i responsabili catturati e giustiziati presso il Castello di Pentefur.

Fu così che nel 1676, i savocesi si arresero, senza protestare, ai francesi, ma venne la città ripresa, solo due anni più tardi, dagli spagnoli, che la privarono di tutti i privilegi garantiteli dai francesi, tra cui i terreni di Pagliara e Locadi. Il terremoto del 1693, lambì solo in parte il borgo, che riportò però ingenti danni al Castello e alla chiesa di San Nicolò. Con il Trattato di Utrecht, la Sicilia passa ai Savoia e poi agli Austriaci, fino al 1735. A partire dalla metà del XVIII secolo, inizia il lento ma inesorabile declino della Terra di Savoca. La cittadina inizia lentamente a spopolarsi, arrivando, a fine Settecento, a un totale di non più di circa 2.000 abitanti.

Nell'estate del 1743, un'epidemia di peste colpisce Savoca e le sue contrade. Nel 1795, il grosso centro di Casalvecchio si emancipa dal dominio savocese, e nel 1817, Savoca viene inglobata nel Distretto di Castroreale, diventando capoluogo del Circondario di Savoca: uno dei 27 circondari in cui l'antica Provincia di Messina era ripartita. La città partecipò ai moti del 1820-1821 e infine a quelli del 1848.
Nel 1854, le borgate di Furci, Bucalo, Porto Salvo e Barracca si separarono dall'amministrazione savocese, dando origine al comune di Santa Teresa di Riva. Gli ultimi anni di Savoca come borgo splendente, vennero portati via da una disastrosa frana, che fece sparire completamente il quartiere di Sant’Antonio: era il 1880. Il terremoto del 1908, provocò il crollo del palazzo municipale, danni alla Chiesa Madre e alla Chiesa di San Nicolò. Nel 1928, il comune di Savoca venne accorpato a quello di Santa Teresa di Riva.

Furono gli anni Settanta a portare nuova linfa vitale alla cittadina messinese.
Scelta dal cinema e dalla tivù, come ambientazione di diversi film e serie tivù, primo fra tutti “Il Padrino”, di Francis Ford Coppola, il centro ha potuto godere di un risorgimento fatto di turismo di qualità. Lentamente, sono sorte le prime strutture turistiche, hotel e bed & breakfast, e diversi agriturismi, nonché ristoranti tipici di cucina siciliana. Dal ’97, Savoca è sede di un comando stazione del Corpo forestale della Regione siciliana; dal 2008 è entrata a far parte della lista dei ‘Borghi più belli d’Italia’ e dal 2010, il Ministero per i Beni e le Attività culturali ha finanziato un progetto che prevede la ricostruzione virtuale del borgo medievale, dalle origini ai giorni nostri, per ripercorrerne tutte le fasi storiche.

Se decidete dunque di visitare Savoca, non potete non prestare una visita al Castello di Pentefur, oggi ridotto a rudere, che si trova su una delle colline su cui sorge il comune.
Costruito dai Romani (o dai Bizantini) a scopo difensivo, rimangono oggi le mura merlate e i resti della torre trapezoidale. Dal castello partivano gli ordini e le direttive indirizzate a tutti i fortini e le torri di vedetta del litorale, che facevano parte del sistema di avviso delle Torri costiere della Sicilia, costruite dell'architetto Camillo Camilliani.
Necessaria è anche una visita alla Chiesa di Santa Maria in Cielo Assunta, la Chiesa Matrice di origine normanna, monumento nazionale dal 1910. Edificata nel 1130, l’edificio presenta una facciata a doppio spiovente con un portale centrale di tipo rinascimentale. Nei secoli passati, nella cripta della chiesa si procedeva alla mummificazione delle salme dei notabili del paese.
Presso la chiesa di San Nicolò, edificata nel XIII secolo, vi è conservata la statua lignea di Santa Lucia, opera dallo scultore Reginaldo D'Agostino. L’edificio è stato danneggiato diverse volte nel corso dei secoli, da due terremoti; quella che si vede oggi è la struttura ricostruita nel Settecento. Nel 1970, all'esterno vennero girate alcune scene del celebre film “Il Padrino” di Francis Ford Coppola.

Necessaria è inoltre una tappa presso il Convento dei Cappuccini del 1603.
Esso venne edificato su iniziativa di padre Girolamo da Montefiore e di padre Girolamo da Castello; fu il primo convento della storia di Savoca, e venne dedicato a Sant'Anna. La sua struttura, composta da due piani fuori terra, domina la vallata sottostante e le zone circostanti. Al piano terra, si trovano la biblioteca, il refettorio e la cucina, mentre al primo piano sono allocate le venti celle. Nel refettorio si possono ancora ammirare alcuni affreschi dipinti da Frà Gaetano La Rosa nel 1608.
Il Convento ebbe grande rilevanza culturale nell'ambito della società savocese, costituendo, tra il XVII ed il XIX secolo, il punto di riferimento per la formazione umanistica, scientifica e giuridica del paese.

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La chiesa annessa, è dedicata a San Francesco d'Assisi, e ospita al suo interno una tela della Madonna di Loreto, risalente ai primi anni del Seicento; un cenacolo del 1634 ed un'altra tela, di frate Umile da Messina, allievo di Alonso Rodriguez, discepolo del Caravaggio, raffigurante la Vergine degli Angeli. Da ammirare sono inoltre i due altari in marmo e in legno, e una statuina settecentesca di Santa Maria Bambina. Sull'altare maggiore prende posto la tela della "Sacra Famiglia", un’opera che raffigura la Madonna col Bambin Gesù, nell’atto di benedire la città di Savoca. All'interno della chiesa sono inoltre presenti le cinque sepolture di notabili savocesi del Settecento e dell’Ottocento, come l’avvocato Giuseppe Trimarchi, l’imprenditore don Antonino Russo Gatto e il giudice Onofrio Prestipino che, assieme a Trimarchi, fu Sindaco di Savoca nel corso del XIX secolo.

La cripta dei Cappuccini, realizzata agli inizi del Seicento, racchiude 37 cadaveri mummificati appartenenti a patrizi, avvocati, notai, possidenti, ma anche preti e monaci, una nobildonna e tre bambini della ricca e potente aristocrazia savocese. Della cripta parlarono anche illustri scrittori come Ercole Patti, Leonardo Sciascia e Mario Praz.
Sempre rimanendo nell’ambito degli edifici religiosi, a Savoca val la pena visitare i resti dell’antica Sinagoga medievale.
Non si sa molto delle origini della comunità ebraica di Savoca, quello che si sa è che intorno al Quattrocento, erano almeno 250/300 gli Ebrei che abitavano la città in quegli anni.
Abili tessitori, ma anche artigiani del ferro e agricoltori, molti di loro occupavano il quartiere annesso al centro abitato di Castelvecchio, di cui rimane ancora, a testimonianza, la ‘Strada della Judeca’.

Accanto alla duecentesca chiesa di San Michele, sorgeva dunque la sinagoga dei giudei di Savoca, proprio alle pendici dell'altura ove si trova il Castello di Pentefur. I suoi resti custodiscono ancora la profonda cisterna, che veniva probabilmente utilizzata per i riti di purificazione. Sono inoltre rimasti in piedi, due archi in pietra appartenenti al prospetto principale, mentre su quello laterale, si scorge ancora una finestra in pietra arenaria in buono stato di conservazione; caratteristici sono inoltre i blocchi di pietra angolare che collegano il prospetto laterale con la parete ovest.
Intorno alla fine del Quattrocento, la sinagoga venne venduta a un cittadino privato che la trasformò in abitazione. Pochi anni dopo, nel 1492, gli ebrei furono costretti a lasciare la Sicilia. Nel XX secolo, la sinagoga venne adibita a stalla; in località Moselle, nei pressi della frazione di Rina, era presente anche un cimitero. La struttura è stata oggetto di diversi studi che ne hanno accertato l’orientamento verso Gerusalemme, confermando così il suo status di sinagoga. Nel 2014, tra le rovine dell’edificio, è stata scoperta una lapide con sopra scolpita la stella di David.

Numerose sono anche le architetture militari e i palazzi nobiliari, come Palazzo Trimarchi di piazza Fossìa, che affollano il piccolo borgo medievale.

Autore | Enrica Bartalotta

Foto di: Roberto Cattona, Salvatore Cisto, Charley Fazio

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