Megara Hyblaea, area archeologica da scoprire.
- Questo sito archeologico di Augusta, in provincia di Siracusa, è davvero prezioso.
- Si tratta del modello più completo al mondo di città arcaica ancora esistente.
- Megara è chiamata “Pompei del Sud“, perché qui il tempo si è fermato: ecco perché.
Il territorio siciliano è ricco di aree archeologiche interessanti. Accanto a quelle più grandi e famose ve ne sono altre che, sebbene meno note, hanno davvero tanto da raccontare. Oggi vi portiamo nel territorio del comune di Augusta, in provincia di Siracusa, per conoscere la storia della colonia greca di Megara Hyblaea. Una importante pagina della storia archeologica del Mediterraneo si è scritta proprio qui. Siamo nei pressi si altri interessanti insediamento, come Thapsos e Stentinello. Il sito è una delle testimonianze più significative della Sicilia orientale, per quanto concerne l’organizzazione urbanistica di una colonia greca di prima generazione. Per saperne di più, dobbiamo compiere un viaggio indietro nel tempo, alla seconda metà del secolo VIII a.C. Le vicende si intrecciano inevitabilmente con quelle Leontinoi, prima, e Siracusa, dopo. Iniziamo subito il nostro viaggio.
La nascita e lo sviluppo di Megara
Megara Hyblaea sorse nel 728 a.C. per opera dei Megaresi. Venne rasa al suolo per ben due volte: nel 483 a.C. da Gelone, tiranno di Gela, e nel 213 a.C. dai Romani. Attraverso la sua struttura si scoprono alcuni fatti interessanti. Si può seguire lo sviluppo della città, attraverso una serie di trasformazioni nell’impianto urbanistico. Si parte da una prima suddivisione in lotti uguali. I lotti andarono ai coloni, che ottennero dal re siculo Hyblon una porzione di costa alla foce del fiume Cantera (l’antico Alabon) per creare una nuova città. Si passa, poi, alla formazione dei quartieri di età arcaica. Questi si caratterizzavano per gli orientamenti diversi, ma organizzati, intorno a un’agorà, suddivisi da un impianto regolare di strade ortogonali. Meritano di essere approfonditi anche lo sviluppo della città, la distruzione a opera di Gelone e la successiva ricostruzione.
Gli archeologi a Megara Hyblaea
Le esplorazioni, avviate tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento da Cavallari e Orsi, vennero riprese dopo il 1949, dalla École Française de Rome. Così è venuta alla luce la grande area dell’agorà arcaica, contornata da imponenti edifici pubblici, intorno alla quale si articolano i diversi quartieri di abitazione. Prima dell’arrivo dei coloni greci, parte del sito era occupato da un insediamento neolitico, difeso da un fossato. Le vicende della fondazione da parte dei greci furono alquanto travagliate. I nuovi coloni, sotto la guida del condottiero Lamis, si insediarono dapprima in una località chiamata Trotilon (l’odierna Brucoli), poi a Leontinoi, dove convissero per un certo tempo con i gli abitanti, da cui furono cacciati. Trovarono rifugio a Thapsos, dove morì Lamis. Infine, il re siculo Hyblon concesse loro il territorio su cui fondare la città, che in suo onore aggiunse al nome l’epiteto Hyblaea.
La struttura
La città aveva dotata di una cinta muraria, la cui prima fase risale al VII secolo a.C., con diverse porte. All’esterno delle mura c’erano le necropoli, che hanno restituito corredi di notevole ricchezza. Questi testimoniano la prosperità della città arcaica, favorita dagli intensi scambi commerciali con la madrepatria e con il resto del mondo mediterraneo. La fondazione di Selinunte, cento anni dopo la nascita, segnò l’apice della potenza della città arcaica. Nei primi decenni del V sec. a.C., la città fu distrutta ad opera di Gelone e rimase a lungo disabitata. La riedificarono nella seconda metà del IV sec. a.C., su una superficie più piccola rispetto a quella di età arcaica, con una nuova cinta di mura dotata di torri quadrangolari. Le abitazioni divennero più ricche ed articolate. Nei pressi dell’agorà si costruì un bagno pubblico, come a Siracusa e Morgantina. Megara Hyblaea fu distrutta dai Romani nel corso della conquista di Siracusa (212 a.C), di cui rappresentava una delle fortezze a presidio della costa. Foto: Davide Mauro.