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Il viaggio alla scoperta della Sicilia ci porta oggi a Sant’Agata di Militello, in provincia di Messina. Ci troviamo in una splendida posizione. Da una parte c’è il mare, a est e ovest le campagne, mentre tutto intorno il Parco dei Nebrodi: una località incastonata nella roccia, a picco sul mare. Sant’Agata di Militello vanta un’interessante storia, di cui rimangono testimonianze in diversi edifici, come il Castello Gallego, nonché nei palazzi signorili.

Sant’Agata di Militello Storia

Nel 1371 la baronia di Militello è assegnata a Vinciguerra d’Aragona da Federico IV d’Aragona, già appartenente al padre Sanciolo d’Aragona. La storia della cittadina si sviluppa attorno alla “Torre della Marina”, una struttura d’avvistamento costiero edificata nel XIII secolo per servire la medievale Militello Valdemone. Nella seconda metà del Cinquecento quando i viceré spagnoli incaricarono i Camiliani di fare la ricognizione dei litorali la torre fu giudicata insufficiente e vi fu aggiunto un “fortino”.

Signori della città furono gli appartenenti alla famiglia d’origine aragonese dei Gallego che edificarono il Castello costruito sul feudo della “marina”. Nel 1573 in concomitanza con l’edificazione nacque il primo nucleo abitativo su cui la famiglia Gallego ottenne la signoria. Nel XVII secolo il borgo di Sant’Agata era compreso fra le terre baronali appartenenti al principe di Militello, il quale nel 1627, assunse anche il titolo di Marchese di Sant’Agata.

Nel 1628 don Vincenzo Gallego ottenne la licenza di edificare il palazzo intorno alla torre e nel 1663 suo figlio Luigi, nominato Marchese e poi Principe di Sant’Agata, fece costruire il castello, a presidio della costa, per concessione del re Filippo IV che nel 1657gli concesse la licenzia populandi per promuovere il futuro insediamento urbano del piccolo borgo marinaro attorno ad esso.

Nel 1820 l’ultimo dei signori vendette titolo e terre al Principe di Trabia, ma nello stesso secolo i privilegi feudali decaddero.

Il Castello Gallego

Il castello Gallego articolato intorno ad un’alberata corte quadrata, ingloba le torri cilindriche di età medievale. Sull’ampio prospetto ornato da classici finestroni, si apre il fornice d’ingresso, difeso in passato da ponte levatoio. Dal cortile si accede agli ambienti destinati a scuderie, magazzini ed abitazione dei servi. Da una scala a chiocciola si sale al piano nobile, con gli appartamenti del principe, da cui si accede alle torri e ai terrazzi. Il libro di Vincenzo Consolo Il sorriso dell’ignoto marinaio si chiude con la descrizione puntigliosa del castello carcere di Sant’Agata di Militello, simbolo architettonico degli inferi narrati, per la sua forma a chiocciola.

Il possente edificio dalle severe linee architettoniche, sorge su una altura rocciosa, guardando da un lato il centro cittadino e dall’altro un ampio arco di costa. Attorno ad esso venne a formarsi un abitato di pescatori e contadini.

Non manca, come buona regola siciliana, la leggenda sulla fondazione della cittadina a seguito di un fatto prodigioso, che vide alcuni pescatori catanesi scampare ad un terribile naufragio ed edificare, per voto, un centro intitolato alla loro santa patrona.

Un consistente incremento demografico si ebbe però soltanto in seguito all’autonomia amministrativa ottenuta nel 1857 e alla costruzione della strada rotabile Palermo-Messina. All’inizio del ‘900 rivestì un’importanza fondamentale la costruzione della ferrovia e numerosi furono gli interventi che ne favorirono lo sviluppo.

Di notevole rilevanza storica sono i diversi palazzi gentilizi presenti. Costruiti intorno alla metà del diciannovesimo secolo dalle famiglie aristocratiche della zona, quali gli Zito discendenti dai conti di S. Marco, i Faraci baroni del Prato,i nobili, Gullotti e Cardinale. Gli Zito edificarono i loro palazzi nel quartiere della chiesa madre, i Faraci in via Roma, i Gullotti, Cardinale e Ciuppa sulla Via Nazionale. Tutti questi edifici presentano al loro interno pregevoli stucchi tardo barocco e liberty.

Foto di Antony Covato

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