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La nuova analisi dell’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva rivela un dato che pesa sulle famiglie: la città italiana dove la Tari costa di più è siciliana, con una tariffa che supera i 600 euro l’anno. Ecco numeri, contesto e differenze territoriali.

Il dato che mette la Sicilia al centro

Il Rapporto 2025 dell’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva mostra un aumento generalizzato della Tari. La spesa media nazionale sale a 340 euro, +3,3% rispetto ai 329 euro del 2024.
Il dato che più colpisce riguarda la Sicilia: la città più cara d’Italia è Catania, dove una famiglia tipo arriva a pagare 602 euro l’anno, ben al di sopra della media nazionale.

Un valore che rafforza il divario tra territori e conferma l’impatto del costo del servizio per i nuclei familiari dell’Isola. Secondo Arera, il 57% degli italiani considera adeguato il servizio rispetto al prezzo, mentre Cittadinanzattiva indica quattro direzioni prioritarie: ridurre le disuguaglianze, rafforzare la partecipazione civica, rendere strutturale la tariffazione puntuale e consolidare la trasparenza tramite il Portale Tari.

Sicilia tra le Regioni più care: 402 euro in media l’anno

La Sicilia rientra fra le Regioni con le spese più alte: 402 euro in media l’anno, terzo valore più elevato in Italia dopo Puglia (445) e Campania (418). Il dato supera nettamente la media nazionale di 340 euro e registra un aumento del 3,10% rispetto all’anno precedente. Si tratta di una conferma del peso della Tassa sui rifiuti nell’Isola, dove i costi strutturali, la carenza di impianti e una gestione più complessa incidono in modo sensibile sui bilanci familiari.

Catania guida la classifica nazionale

Tra i capoluoghi italiani, Catania risulta la città più costosa: 602 euro per una famiglia di tre persone con abitazione di 100 mq. Seguono Pisa (557 euro), Genova (509) e Napoli (496). In fondo alla classifica si colloca Cremona, con 196 euro l’anno, seguita da Udine e Trento (199 euro).

Catania – Foto: Depositphotos.com

Il divario fra Catania e i capoluoghi più economici supera i 400 euro, evidenziando una distanza strutturale e gestionale che riguarda in modo diretto il Mezzogiorno e, più nello specifico, la Sicilia.

Raccolta differenziata in aumento

Il rapporto segnala una crescita complessiva della raccolta differenziata, che nel 2023 raggiunge il 66,6% dei rifiuti prodotti. Ogni residente genera in media 496 kg annui, dato sotto la media UE (521 kg) ma superiore ai 493 kg dell’anno precedente. I valori cambiano sensibilmente fra le aree del Paese:

  • Nord: 73% di differenziata, costo medio 290 euro
  • Centro: 62%, costo 364 euro
  • Sud: 59%, costo 385 euro

La Sicilia, inserita in quest’ultima fascia, paga una combinazione complessa di bassa differenziata, minore dotazione impiantistica e costi operativi più elevati.

Frazione organica e impianti

La frazione organica rappresenta il 38,3% del totale dei rifiuti urbani. Seguono carta e cartone (19,1%), vetro (11,9%) e plastica (8,8%). L’Italia dispone di oltre 400 impianti di compostaggio e digestione anaerobica, concentrati soprattutto al Nord. Questo squilibrio territoriale incide direttamente sui costi. L’umido prodotto da ogni cittadino – circa 180 kg l’anno – risulta più difficile da gestire nel Mezzogiorno, dove le impurità possono superare il 15%, contro il 3% registrato in Regioni come Veneto, Trentino e Emilia-Romagna.

Variazioni più forti nei Comuni italiani

Il rapporto registra variazioni significative rispetto al 2024:

  • Reggio Emilia +15,1%
  • Ferrara +13,8%
  • Siena +12,9%

Al contrario:

  • Modena -12,3%
  • Aosta -8,4%
  • Cagliari -7,6%
  • Milano -7,5%

L’analisi conferma che a incidere sul costo finale non è solo l’ammontare della tariffa, ma soprattutto l’organizzazione del servizio e le scelte delle amministrazioni locali.

Riciclo reale: Italia ancora lontana dal traguardo UE

Il rapporto sottolinea un indicatore chiave: solo il 50,8% dei rifiuti raccolti viene realmente riciclato dopo la selezione. Un dato positivo ma ancora sotto l’obiettivo europeo del 55% entro il 2025. Per la Sicilia, già caratterizzata da costi elevati e capacità impiantistica limitata, questo elemento rappresenta un nodo cruciale nel percorso verso un sistema più efficiente e sostenibile.

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