Da povero ignorante mi sono quindi domandato: “Ma professori, dirigenti scolastici ed affini, conoscono il vero significato di integrazione e di laicità oppure, con colpevole leggerezza, si soffermano solo sull’aspetto, per così dire “burocratico”, dei termini? – Personalmente qualche dubbio mi è venuto; d’altronde avere una laurea, od occupare ruoli socialmente importanti come proprio quelli di insegnante o di dirigente scolastico, non significa avere acquisito per aequatio e ad libitum la patente di dotti.
Il termine laico, peraltro usato anche in ambito ecclesiastico, per indicare coloro che svolgono attività a carattere religioso pur senza appartenere ad alcun ordine sacerdotale (vedi ad esempio taluni missionari od aderenti a confraternite), vuol semplicemente significare che lo stato, e tutte quelle istituzioni che lo rappresentano, non sono da intendersi legate o sottoposte ad alcuna autorità religiosa. D’altronde non si spiegherebbe diversamente il fatto che lo stato stesso, pur dichiarandosi laico, preveda ancora oggi all’interno dei propri programmi ministeriali, riconoscendone quindi la valenza, l’insegnamento se pur con frequenza facoltativa, della religione. E non ci vuole quindi la laurea per capire, avendone ovviamente una visione più illuminata, che tale insegnamento può tranquillamente prevedere anche la pratica di una serie di attività collaterali come quella di una recita natalizia, od eventualmente anche la conoscenza e lo studio delle preghiere che, senza bisogno che ciò desti scandalo, possono servire sin da piccoli allo sviluppo del pensiero e della conoscenza.
Ancor peggio ed ancor più dannoso è poi giustificare l’abolizione di canti, recite, e presepi, veri momenti di gioia e socializzazione, con la presunta voglia o necessità di integrazione tra diversi popoli e culture.
Integrazione, anche se la desinenza è uguale, non può significare confusione; integrazione al contrario vuol dire scambio di idee e di esperienze, conoscenza della propria cultura, della propria storia, delle proprie tradizioni; che vanno se possibile condivise e nella loro diversità comprese e rispettate. Il dirigente scolastico od il professore che in nome della integrazione vieta qualsiasi riferimento al Natale, farebbe per esempio meglio a far capire ai propri allievi, sperando che ne sia capace, quali sono gli aspetti che accomunano le varie religioni e, trovandoci a parlare in questi giorni giusto di quella cristiana e di quella islamica, spiegare del perché anche i musulmani possano provare gioia per la nascita di Gesù Cristo; visto che tale figura è pur ben presente anche nel Corano e viene annoverata tra i principali profeti.
Convinto quindi che su tali argomenti e soprattutto in ambito scolastico regni grande confusione, voglio concludere questa mia riflessione in maniera provocatoria; e da uomo della strada mi faccio e vi faccio un’altra domanda: “Perché taluni operatori scolastici in nome di una disconosciuta laicità, pensano di dover tenere lontani dalle scuole tutti i segni che richiamino alla religione e nello specifico al Natale mentre, in nome della stessa laicità, nessuno ha mai espresso la volontà di abolirne anche le vacanze” ?! –
VIVA LA BUONA SCUOLA E BUON NATALE A TUTTI