“Ci manchi in ogni risata, in ogni canzone, in ogni angolo della nostra vita. Il tuo ricordo è un faro nella notte, e ancora ci manchi in ogni cosa che facciamo. Ogni giorno pensiamo a te, desiderando di poterti riabbracciare e colmare questa mancanza che ci opprime”.
A ricordarlo sono Piera Maggio e Pietro Pulizzi, i genitori di Denise Pipitone, la bambina scomparsa l’1 settembre 2004 a Mazara del Vallo, nel Trapanese, quando non aveva ancora compiuto quattro anni. Denise stava giocando davanti casa, in via Domenico La Bruna, quando di lei si persero le tracce. L’ultima persona ad averla vista fu una zia.
Da quel giorno la madre, Piera Maggio, non ha mai smesso di lottare affinché la vicenda non venisse dimenticata, trasformando la storia della figlia in un caso conosciuto in tutta Italia. Negli anni non sono mancati presunti avvistamenti: il primo risale all’ottobre 2004, quando una guardia giurata riprese con una videocamera una bambina somigliante a Denise in compagnia di alcune persone di etnia rom davanti a una banca.

Le indagini si sono però concentrate soprattutto nell’ambito familiare allargato. Tra i sospettati finirono Jessica Pulizzi, sorellastra di Denise, e sua madre Anna Corona. Jessica fu rinviata a giudizio nel gennaio 2010 dal gup di Marsala, ma venne assolta in tutti e tre i gradi di giudizio. La posizione di Anna Corona, accusata di sequestro di minore, fu invece archiviata dal gip di Marsala nel dicembre 2013.
Le indagini, riaperte nel maggio 2021, furono archiviate pochi mesi dopo, a dicembre, quando lo stesso gip accolse la richiesta della Procura sottolineando come si trattasse di “indagini lunghe e incredibilmente vaste, da cui non sono emersi elementi sufficienti a sostenere un’accusa in giudizio”.
“A 21 anni dal sequestro di nostra figlia, il dolore non si affievolisce, anzi, ogni anno che passa si acuisce sempre di più – si legge in una nota – La sensazione di ingiustizia per chi ha causato sofferenza, mentre noi ne portiamo il peso, è straziante. È difficile accettare che il male possa rimanere impunito, mentre le conseguenze ci perseguitano. Stiamo pagando sulla nostra pelle gli insuccessi degli altri, un ergastolo del dolore a vita. Evviva la giustizia!”.
