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Due feti in utero, alla 25esima settimana di gestazione, sono stati operati per curare la spina bifida, un grave difetto della colonna vertebrale e del midollo spinale che può causare disabilità, paralisi e disturbi neurologici, fino alla morte. L’intervento all’avanguardia è stato eseguito al Policlinico di Milano, inserendo strumenti sottilissimi direttamente nell’utero della mamm. Ora bisognerà attendere la nascita dei due bambini per confermare il pieno successo delle cure.

In Italia la spina bifida si verifica in un caso ogni 10mila nascite: ogni anno ci sono almeno 50 nuovi bambini colpiti. Si tratta di una malformazione della spina dorsale dovuta alla chiusura incompleta di una o più vertebre, che compromette anche il midollo spinale. È una patologia che si verifica durante lo sviluppo del feto: alle donne in gravidanza si consiglia di assumere acido folico per prevenirla, ma la carenza non è l’unico fattore a scatenare la patologia: ci sono anche anomalie cromosomiche, difetti del metabolismo, fattori legati alla salute della madre come obesità, alcolismo o diabete. Ci sono diverse varianti di spina bifida: alcune sono incompatibili con la vita, altre portano a gravi disabilità e problemi neurologici. I due casi operati al Policlinico sono della variante mielomeningocele, una delle più gravi.

Ad oggi non esistono cure risolutive per chi ha la spina bifida, ma ci sono diversi trattamenti chirurgici per cercare di alleviare il problema. Il successo di questi interventi dipende dalla gravità della patologia, dal danno al midollo spinale e dal punto in cui la colonna vertebrale è danneggiata. In alcuni casi sono state applicate tecniche per operare direttamente nel grembo materno, ma aprendo l’utero ed esponendo il feto all’esterno, con tutti i rischi che questo può comportare. Quello che è stato fatto al Policlinico di Milano, invece, è una novità in Europa: ciascun feto è stato operato con tecniche di chirurgia mininvasiva, introducendo nell’utero della madre strumenti sottilissimi (3 millimetri di spessore). I chirurghi hanno operato grazie a un costante monitoraggio ecografico, raggiungendo la colonna vertebrale e riparando il danno.