Mentre Ebola continua a espandersi nell’Africa occidentale, il virus contagia i social media degli Stati Uniti, diventando uno dei principali trend topic di Twitter, anche se le possibilità che l’epidemia si diffonda in America sono molto remote. La malattia che in qualche mese ha ucciso quasi 1.000 persone sta conquistando i social media con una valanga di annunci non confermati, battute sarcastiche e cattive informazioni. Ebola si può diffondere attraverso l’aria? Un caso a New York? È tempo di spedirlo su Marte. La scienza che sta dietro a questi fenomeni è diventata un campo interessante di studio per i ricercatori. Semplificando, le persone tendono a condividere in internet storie che stimolano i loro sentimenti più semplici, sia positivi che negativi. Gli attacchi di squali, ad esempio, insieme ai video di gattini e a citazioni sono tra i temi più pubblicati sui social. “Non siamo solo macchine che processano informazioni, siamo mossi dalle emozioni”, ha detto al New York Times Jonah Berger, professore del Wharton School della University of Pennsylvania e autore del libro “Contagious: Why Things Catch On” (in Italia “Contagioso”, Sperling & Kupfer). Condividere storie sui social media potrebbe aiutarci a esorcizzare le nostre paure, continua Pamela Rutledge, psicologa e direttrice del Media Psychology Research Center in Corona del Mar, California. La compulsione con cui scriviamo di Ebola su Twitter potrebbe collegarsi al fatto che la mente umana è più propensa a focalizzarsi su un soggetto attraverso esempi. “Quando le persone pensano a Ebola, si immaginano storie cruente, cose violente”, ha detto Berger. “Le emozioni che provocano alta eccitazione aumentano le condivisioni, questo ancora di più quando sono cruente”, ha concluso il professore. Questa teoria si basa su un concetto in psicologia conosciuto come il “pregiudizio di disponibilità”, messo a punto nel 1973 da Amos Tversky and Daniel Kahneman: le persone tendono a giudicare un evento basandosi su esempi immediati che appaiono nella loro mente. Per esempio è molto più probabile annegare nell’Oceano che essere mangiati da uno squalo, ma immaginando nel dettaglio l’attacco di uno squalo la preoccupazione che questo evento avvenga cresce in maniera esponenziale. La stessa cosa per Ebola, una malattia molto rara con sintomi molto forti e un corso devastante che porta la maggior parte delle persone colpite alla morte. AL contrario l’influenza uccide decine di migliaia di persone ogni anno negli Stati Unit, ma non diventa certo un trend topic su Twitter. Ma in tutto questo c’è una nota positiva: la massa infinita di tweet porta i media e gli esperti a aumentare il tempo dedicato alla malattia facendo informazione corretta e sfatando i miti sul virus. Infine – sostiene il sociologo Duncan J. Watts – il rumore di Twitter spinge i ricercatori e le autorità del governo a fare di più per combattere una pandemia, anche se improbabile. “Se il panico sociale porta le autorità sanitarie mondiali a prestare più attenzione e a cercare una soluzione al problema, è probabilmente una buona cosa”, ha concluso Watts.
Ebola, è fobia negli USA: paure e le bufale sui social network
12 Ago 2014
Peppe Caridi
Meteoweb
Articolo Precedente
Catania: trova sei bombe a mano mentre raccoglie capperi
Articolo Successivo
