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bonUna delle storie più macabre che mia nonna era solita raccontarmi per tenermi attaccata alla sua gonna e lontana dalle sue botti e da quella credenza piena di meraviglie ed odori, che anche in questo momento mi fanno venire la pelle d'oca, era quella di Giovanna Bonanno: vecchietta brutta, cattiva e dall'odore pungente.
 

Almeno così mi era stata presentata. Ed in effetti ancora oggi me la immagino come una sorta di strega cattiva di biancaneve in versione siciliana.

Giovanna Bonanno era originaria di Palermo.
Naque nel lontanissimo 1713.

I libri la descrivono come “omicida, fattucchiera e megera”.
Il popolo la ricorda come la vecchia dell'aceto, capace di ideare il delitto perfetto.

Purtroppo sono pochi e confusi i riferimenti biografici che si possono consultare sulla Bonanno.
Una delle voci più attendibili è quella dell'antropologo S. S. Marino, il quale sostiene che la “vecchia dell'aceto” visse all'epoca del viceré Caracciolo e che divenne la consorte di un tale Vincenzo Bonanno nel 1744. Il nome presente sui registri ecclesiali era quello di Anna Pantò.
Non si sa perchè e come Anna Pantò in Bonanno fosse diventato sugli atti giudiziari Giovanna Bonanno. Probabilmente fu compiuto un errore o il nome fu volutamente falsificato.

La giovane Anna Pantò vivette una vita a lungo miserabile.
Elemosinava ogni singolo pasto del giorno e la scoperta che cambiò radicalmente la sua vita fu del tutto casuale.

Si narra che nell'anno del signore 1786 Giovanna Bonanno fosse venuta a conoscenza di una bambina che, dopo aver assaggiato per sbaglio dell'aceto particolare, che si usava per ammazzare i pidocchi, si era sentita male ed era lì per lì per spirare a causa dei continui vomiti.
Nessuno prestò la dovuta attenzione a quella bevanda.
Nessuno tranne la protagonista del nostro racconto.
E per quanto la si possa descrivere come cattiva e megera, fu l'unica ad avere una intuizione geniale. L'unica a mostrare una mente sagace: in un istante la sua vita cambiò. La sua esistenza non fu più misera.

Ma di che scoperta stiamo parlando?
Cosa c'era all'interno dell'aceto che “quella” bambina aveva sorseggiato in modeste quantità?

All'interno della coppa c'erano: aceto e arsenico.

Tutti ingredienti facili da reperire sul mercato.
Ingredienti che miscelati insieme costituivano un veleno efficace per sbarazzarsi in maniera perfetta ed insospettabile di mariti e mogli indesiderati.
Inoltre l'aceto per pidocchi lo si poteva comprare già bello e fatto.

E così lei fece.
Lo comprò e lo provò su un cane.
Inzuppò del pane e poi lasciò che la bestia se ne nutrisse.
Con un misto tra stupore e soddisfazione si accorse che il cane iniziò a vomitare.
Rigettò cibo e bava. Alla fine morì.
Ma il colore delle sue membra non cambiò. E neppure restò spasmodicamente contratto.
“Che sia il veleno giusto per tirare su qualche moneta”?

Avvocato, giudice e boia, in una unica persona.
Una sorta di Nemesi che dispensava morte e giustizia attraverso la sua pozione magica.
 

Fiduciosa nella sua scoperta cominciò a mendicare “strata stratuzza” origliando e presentando all'occorrenza un'acqua miracolosa per le donne che volevano ammazzare il proprio marito.

Risulta che la prima cliente di Giovanna Bonanno fosse stata la sua vicina di casa che, stufa di suo marito, e persa d'amore per il suo amante, desiderava recidere quel vincolo, quella catena che la legava al consorte. Ma la cifra di cui disponeva non era sufficiente a mescolare gli ingredienti nelle giuste quantità. Infatti la prima volta il marito ebbe solo dei forti dolori di stomaco. Dovette acquistare altre due pozioni perchè l'uomo venisse ricoverato in ospedale e poi morisse.

Nessun medico dell'epoca riusciva a spiegarsi cosa avesse causato la morte.

Che tradotto, per la mente di Giovanna, voleva dire: IMPUNITA' certa.

Sicura di poterla fare franca, diede un nome alla sua pozione e cominciò a sponsorizzarla.
Presto in città si diffuse la voce e chi voleva sbarazzarsi del coniuge sapeva dove andare e cosa domandare – dica, bella signora. Avrebbe quel mistuglio chiamato “arcano liquore aceto”.

Una vendita dietro l'altra la popolarità della vecchia dell'aceto aumentava.

Nel solo quartiere della Zisa di Palermo morirono parecchie persone: un fornaio (la cui moglie lasciò pure una mancia alla Bonanno), un nobile (dalle mani bucate), la moglie fedifraga di un altro fornaio, ed in fine il marito di una donna infatuata del proprio giardiniere.
 

Tutto procedeva per il meglio.
Ma forse per l'età ormai avanzata, forse per un peccato d'orgoglio, la vecchia dell'aceto commise un errore in prossimità degli 80 anni.

Pare che un giorno avesse consegnato all'amica Maria Pitarra, che gli procacciava i clienti, una dose dell'“arcano liquore aceto” senza informarsi della futura vittima.

Purtroppo la vittima predestinata era il figlio di una seconda sua carissima amica: Giovanna Lombardo. Pensò allora di avvisarla e magari di ricevere una ricompensa per l'avvertimento.
Ma non ci riuscì. Il figlio della donna morì ed ella iniziò ad indagare.
La sete di vendetta della donna cresceva di giorno in giorno e, quando seppe che era stata la nuora ad aver commissionato la pozione per avvelenare il marito, tramò immediatamente la vendetta.

Finse quindi di voler acquistare dell'”aceto” da Giovanna Bonanno, ma, al momento della consegna, si presentò con 4 testimoni che inchiodarono la vecchietta in flagranza di reato.

Il processo si tenne ad ottobre 1788 davanti alla Regia Corte Capitaniale di Palermo.
La palermitana Giovanna Bonanno doveva rispondere di veneficio e stregoneria.
Sul banco dei testimoni vennero chiamati a testimoniare i coniugi superstiti di 6 venefici scoperti e denunciati. Anche il droghiere, dove la Bonanno comprava la soluzione per pidocchi, fu chiamato a testimoniare.

 

La sentenza fu una condanna di morte per impiccagione.
Il 30 luglio 1789 l'omicida, fattucchiera e megera Giovannna Bonanno pendeva dalla forca in piazza Vigliena.

 

E così morì.
Ma la sua storia e la sua leggenda vennero tramandate di bocca in bocca.
Nonne, mamme, figlie, rappresentazioni teatrali, 1000 modi per ricordare la storia di una vecchia che prese il suo destino in mano e fece della morte la sua migliore compagna.

 

Autore | Viola Dante; Immagine | facebook.com/lasicilia