Per tale virtuoso segnacolo si può affermare che questo testo, straordinario per informazioni e varietà di svelamenti culturali delle nostre tradizioni sacre e profane, che segnano ancora apertamente o simbolicamente il costume morale e civile della gente di Sicilia, è soprattutto un gran bel libro di piacevole lettura, nonché un vivace e curioso prontuario di rimemorazioni mitologiche, che si dipartono narrativamente da uno spazio antropologico culturale, piccolo sì, come è quello del mondo etneo, ma unico per fama e leggende, in cui le tradizioni popolari e dotte evocano personaggi mitologici e storici tra i più rinomati della cultura europea , e non solo.
Si può, quindi, dire, per tale ragione, che qui Oriente ed Occidente, Nord e Sud si incontrano ancora una volta per virtù e sapienza narrativa della scrittrice, appassionata affabulatrice, esotericamente ispirata.
Il libro, per queste riflessioni così come a me si sono presentate, è un testo unitario non solo per i racconti specifici, ognuno dei quali, è vero, si giustifica in se stesso, ma anche e soprattutto per le riflessioni comuni che li caratterizzano, e che ci attestano che a scandirli e a viverli intellettualmente è una stessa tensione di conoscenza , che si sostanzia ed appaga nelle molteplici sfaccettature di queste perduranti tradizioni, umanamente esoteriche.
Dello stile vorrei richiamare due caratteristiche: quella ritrattistica ed emotiva che vive nella figurazione dei vecchi pastori di Pizzo Felìcia, e poi quella dell’estrema agilità linguistica che consente alla scrittrice di trattare con uguale intelligenza espressiva sia argomenti più leggermente narrativi, come il capitolo su Angelo D’Arrigo, sia quelli di più ardua ricognizione archeologica e scientifica, da “I megaliti dell’Argimusco” a quelli più intriganti su Capuana, Alliata e sulle Streghe dello Steri. Infine, per concludere, il capitolo sui “Rettili demoniaci” mi ha richiamato la figura della “culorbia fatata” di cui avevo scritto nei miei “Versi per Barrafranca”, dominati da esperienze e memorie della primissima fanciullezza, per sottolineare e confermare con questa personale citazione, quanto la scrittrice spesso ci dice, che cioè miti e figure leggendarie dei paesi dell’Etna sono riscontrabili, quasi per propagazione magica, anche là dove è possibile da un’alta cima di serra scorgere la visione della Montagna, che pare , grazie soprattutto ora a questo libro, guidare ed accomunare l’anima siciliana in un approccio di conoscenze razionali di ciò che vive nella nostra immaginazione primitiva in una dimensione “irrazionale” e misterica.