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010101A un anno dal crollo della Torre piloti del porto di Genova, il 7 maggio 2013, per noi famigliari di Giuseppe Tusa, il ricordo di quello che avvenne quella notte rappresenta ancora un dolore profondo con cui dobbiamo fare i conti in ogni istante delle nostre giornate. Un dolore che invade anche i nostri sogni notturni. Giuseppe non ce lo renderà più nessuno. Di lui a noi rimangono soltanto i suoi dolci ricordi. Più passa il tempo, più aumenta in noi la fame di giustizia, la speranza e la volontà che in tutte le fasi processuali emerga la verità: aldilà di ogni ragionevole dubbio, quella tragedia poteva e doveva essere evitata. Vogliamo che il processo porti alla luce tutti i responsabili e tutte le responsabilità perché quella non fu una tragica fatalità, una concomitanza di sfortunate coincidenze. Il crollo della Torre piloti è stata una strage annunciata in cui ogni parte in causa ha contribuito con indivisibile colpa. Noi pretendiamo che di questo reato ne rispondano tutti i colpevoli di fronte alla legge, soprattutto a noi famigliari sopravvissuti, che siamo la voce delle Vittime. Non faremo sconti a nessuno. A Molo Giano sono morti nove ragazzi, nove lavoratori, nove figli, nove fratelli, nove padri, nove mariti e compagni, nove colleghi e nove amici, ognuno di loro con i suoi sogni, le sue speranze per il futuro, i suoi talenti. Sogni, speranze e talenti crollati in qualche secondo insieme a quella maledetta torre. Quella maledetta torre non doveva essere lì. E per questo cerchiamo giustizia, vogliamo sapere perché chi l'ha progettata e l'ha autorizzata, non ha previsto perlomeno una protezione per un incidente non così improbabile e imprevedibile, come appare evidente da alcune foto e testimonianze, pubblicate persino su internet.