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01Scrivere un articolo sulla cristianizzazione della Sicilia potrebbe sembrare insensato e alquanto folle, perché occorrerebbe comunque un lavoro più articolato e complesso di questo, ma è spesso la follia che ci consente di non impazzire del tutto!
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Sappiamo bene che la Sicilia venne cristianizzata sin dalla seconda metà del primo secolo dopo Cristo; di tale fatto ne danno testimonianza sia gli scritti riguardanti le vite degli apostoli, sia le relazioni processuali susseguitesi nel corso del tempo che testimoniano “il martirio dei primi cristiani” votati a rinnegare  la fede pagana e a riconfermare con forza la loro appartenenza a Cristo.
Nell’ambito di una ricerca sulla cristianizzazione della Sicilia e sulla formazione delle prime diocesi nell’Italia Meridionale, dobbiamo precisare che la diffusione del cristianesimo nell’Isola venne completata  già  nel V sec. d. C. in un modo molto capillare e uniforme. A parte alcune zone montane e pelagiche, il suo completamento fu concluso già alla fine del secolo anzi detto. Tutto questo in base a molte ricerche portate avanti da secoli e riconfermate negli ultimi decenni da importanti ricercatori dell’Università di Roma, appartenenti al Dipartimento di Studi  storico-religiosi. Pare infatti che la Sicilia abbia ospitato precocemente molte comunità cristiane, e che queste siano rimaste per lungo tempo legate alla comunità  diocesana  romana.

Le documentazioni storiografiche (manoscritti, testi, iscrizioni, ritrovamenti archeologici e quant’altro) confermano che sin dall’inizio della diffusione del cristianesimo dall’oriente, il clero romano e quello siciliano ebbero una strettissima vicinanza  e  una forte coesione. Ma quello che diremo in seguito diventa  paradossale.

I risultati ottenuti possono essere utilizzati per ricostruire tappe e modalità diverse della cristianizzazione dello spazio urbano e suburbano dell’Isola. Diverse, infatti, dovevano essere le esigenze di un clero urbano educato alla cultura greco-romana (e dunque fortemente latino) e  di  un laicato  più  rurale, ma  paradossalmente  più greco e  maggiormente devoto ai culti  pagani dello stato di Roma!

L’evangelizzazione avvenne attraverso una rete viaria che costituiva un sistema organico aggiornato sotto Costantino. I ricercatori sostengono “che la parola evangelica viaggiasse  maggiormente  attraverso le vie secondarie che non attraverso le grandi arterie stradali”. La carta archeologica ed epigrafica della Sicilia cristiana, dimostra che la conversione dell’entroterra siculo*, restio ad abbracciare il nuovo culto ed ancora fortemente pagano, divenne un fatto compiuto alla fine nel V secolo (* entroterra che vale la pena ricordare, ancora “troppo greco e poco latino”).
La conversione diventa così, anche una fatto linguistico:  nei centri urbani si utilizza pienamente il latino, nell’entroterra e negli ambienti rurali, si utilizza ancora il greco.
Secoli dopo, ed in un secondo momento,  grazie all’influenza bizantina avutasi con la conquista romano-orientale del meridione d’Italia, la latinitas, sarebbe incredibilmente  rinata dal decadimento causato dagli oscuri secoli, in cui le invasioni barbariche, avevano declinato gli ultimi trionfali fasti di Roma. 
A questo punto, possiamo stabilire con certezza alcuni punti essenziali:
1)  il cristianesimo attecchì  in Sicilia  “precocemente”;

2) il cristianesimo ebbe una lentissima diffusione; il suo completamento avvenne sul finire del  400 d.C.; in seguito e per diversi secoli subì l’influsso della Chiesa Orientale  anche  se  poi rientrò  subitaneaménte  nell’alveo del “cattolicesimo romano” ;

3) da quando divenne religione ufficiale dello stato romano, esso non scomparve mai più dall’Isola, ed è arrivato integro sino ai giorni nostri, ammantato ed arricchito di una cultura mediterranea di tipo greco-occidentale e con molte infiltrazioni culturali dovute alla presenza degli svevo-angioini e degli spagnoli, i quali introdussero  un cattolicesimo splendente e fortemente “contaminante”.  
Chiarendo inoltre un altro punto, vorremmo puntare adesso il focus sulla tanto osannata “dominazione araba” della Sicilia (anche se sarebbe più corretto parlare di “dominazione berbera di popoli arabizzati!). Infatti, durante il tanto decantato “dominio musulmano della Sicilia”, che occorre ribadire durò solo duecento anni (rispetto alle altre dominazioni), la conversione dei siciliani bizantini, ovverossia dei nostri avi, “inglobati ormai da secoli” nell’Impero  Romano d’Oriente, avvenne solo in minima parte.  Solo una parte della popolazione occidentale dell’Isola (circa la metà!) si convertì nel corso del tempo alla fede islamica. Tuttavia con la cacciata  dei Mori dall’Isola, per mano normanna, si assiste ad una netta inversione di tendenza. A parte il radicamento della fede islamica in alcuni territori rurali e montani che perdurò sino a metà del XIII secolo, c’è da dire che la ri-cristianizzazione di una parte della popolazione occidentale della Sicilia, fu data da diversi fattori. Uno di tipo naturale: “circa un terzo dei siculi”(ma anche meno!), riabbracciò la fede cristiana tramite una nuova opera di evangelizzazione apostolica. E’ paradossale ad esempio, ricontrarre di come vi fossero ovunque, famiglie con “genitori islamici di terza o quarta  generazione  e  figli invece  riconvertitisi  all’originario cristianesimo”.  

Il secondo motivo è da ricercare invece, nelle politiche di molti Sovrani (e persino di un Imperatore del Sacro Romano Impero) che si accanirono – spesso violando gli anatemi di vescovi e papi che ne denunciavano i misfatti – contro le sacche di resistenza saracena dei non-riconvertiti. Epurazioni e violenze di massa furono spesso all’ordine del giorno, e le conseguenze furono un “totale sradicamento della fede Maomettana e della cultura saracena” dalla Trinacria. Gli ultimi saraceni, furono deportati in massa, per ordine di Federico II,  a  Malta ed in Puglia, dove venne creata per suo volere la “marca dei saraceni espulsi”. Questo a  dispetto di tutti coloro i quali in Federico han visto da sempre un gran sovrano illuminato molto tollerante. Mi dispiace, ma Federico con i musulmani di Sicilia non lo fu per nulla! 
La  storia  è  difficile da  giudicare;  ma piacciano  o no,  questi  sono i fatti.

Da quando il cristianesimo ha attecchito nell’Isola, ha mantenuto “un continuum storico” uniforme e costante, tanto da dare forma e sostanza alla cultura siciliana, e alla stessa “sicilianità”. Se un siciliano può considerarsi un po’ mediterraneo, greco-romano, normanno, angioino, spagnolo ed anche italiano, lo stesso non può dirsi del suo eventuale sentimento “maomettano”. Dire di sentirsi, non equivale ad essere.  Rinnegare le proprie radici, e “dire di sentirsi altra cosa da quel che si è”, è una violenza perpetrata contro se stessi, ancor prima che contro la propria cultura.
 

Di tutto questo resoconto, si possono fornire fonti e prove.

 

Enzo Nicolò  Di Giacomo