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PALERMO – Il 62enne Cosimo D’Amato, pentito di mafia, aveva fornito il tritolo per la strage di Capaci. L’uomo è morto ieri.Il pescatore di Porticello, condannato all’ergastolo per la strage di via dei Georgofili e in abbreviato a 30 anni per l’attentato a Falcone, due anni fa aveva deciso di collaborare con la giustizia, raccontando ai pm di Caltanissetta i retroscena sull’esplosivo usato per la strage di Capaci.

Cugino del boss palermitano Cosimo Lo Nigro, D’Amato era ritenuto responsabile di aver fornito ingenti quantitativi di tritolo ricavati dal recupero in mare di residuati bellici, successivamente utilizzati per “confezionare” anche le stragi a Roma in via Fauro il 14 maggio del 1993; Firenze, in via dei Georgofili il 27 maggio; Milano, in via Palestro il 27 luglio; Roma (San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro il 28 luglio 1993) e ancora Roma, allo Stadio Olimpico il 23 gennaio 1994.

Cosimo D’Amato era stato arrestato nel 2012. I pm fiorentini erano arrivati a lui “grazie alle indicazioni del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, che in modo puntuale e preciso ha portato i magistrati a svelare l’identità di uno dei complici dei Graviano“. Spatuzza, scrisse il gip nell’ordinanza d’arresto di D’Amato, raccontò che “circa un mese prima dell’attentato di Capaci”, era l’aprile del 1992, con Cristofaro Cannella incontrò Cosimo Lo Nigro e Giuseppe Barranca in piazza Sant’Erasmo. I due si fermarono ad aspettare Renzino Tinnarello. Visto che quest’ultimo non arrivava, si spostarono in auto a Santa Flavia. Spatuzza aveva portato l’auto proprio perché Cannella gli aveva detto che avrebbero dovuto caricare qualcosa.

Lì abbiamo trovato un ragazzo, si chiamava Cosimino. Con questo ragazzo, di circa 30-35 anni, ci siamo avvicinati nella banchina, e c’erano tre pescherecci ormeggiati. Siamo saliti sopra uno di questi pescherecci e nei fianchi c’erano legate delle funi, quindi abbiamo tirato la prima fune, ce n’erano praticamente sommersi dei fusti, all’incirca mezzo metro per un metro, abbiamo tirato in barca il primo fusto e l’abbiamo trasferito in macchina“, è la versione di Spatuzza.

Ai pm, nel settembre 2015, D’Amato disse di essersi pentito perché aveva deciso di cambiare vita. La collaborazione con i magistrati era emersa durante l’udienza del processo per la strage, celebrato davanti alla Corte d’Assise di Caltanissetta. Proprio sulla strage di Capaci D’Amato confermò il racconto di Gaspare Spatuzza sul coinvolgimento della cosca mafiosa di Brancaccio nel rinvenimento dell’esplosivo utilizzato per confezionare l’ordigno che uccise il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta.