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Nicola Fiasconaro e il panettone siciliano: “All’inizio i milanesi erano titubanti, poi però…”

Con i suoi panettoni, il maestro pasticcere siciliano Nicola Fiasconaro ha conquistato tutto il mondo. Così, da Castelbuono, la bontà dei suoi dolci è diventata nota ben oltre i confini della Sicilia. Il binomio Sicilia-panettone è ormai vincente e ben noto e TgCom24 ha intervistato Fiasconaro per farsi raccontare qualcosa di più sulla sua attività.

Ecco cosa ha raccontato:

Quando è diventato pasticciere e ha avuto l’idea di produrre il panettone in Sicilia… 
Sì, la mia grande intuizione… Io sono nato nel ’64 e già da ragazzino andavo a fare il garzone – oggi si chiama stage – nelle botteghe dolciarie, nelle officine di tutte le province siciliane. A 20 anni volevo un po’ capire cosa succedesse al Nord Italia così come all’estero e ho deciso di frequentare alcune accademie. È in una di queste che ho scoperto la magia del lievito madre, della pasta acida, dei dolci da ricorrenza più che altro. E, quindi, del panettone. Mio padre ne vendeva circa 2mila durante il Natale, ma non nostri. “Papà dobbiamo farlo in Sicilia. Perché non proviamo?”, gli ho detto un giorno. Non si è minimamente traumatizzato. L’anno successivo, nel 1988, quei 2mila panettoni si partorivano, nascevano, si creavano nell’antico laboratorio di famiglia. Da lì è iniziata l’avventura. Ma chi si immaginava che saremmo arrivati dove siamo oggi?

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E i concittadini, invece, come hanno valutato la sua idea? 
Ai tempi mi davano del pazzo. Mi dicevano: “Ma Nicola, fai le produzioni delle cassate, delle brioche. Che c’entra il panettone con la Sicilia?”. Papà – pur essendo una persona semplice, proveniva da una famiglia di pastori – era un visionario e ci credeva. Aveva la mentalità imprenditoriale. Quello, però, era un momento in cui il panettone si faceva solamente a Milano, in Piemonte, in Veneto. Oggi la situazione è ben diversa: dal Trentino alla Sicilia decine di migliaia tra panificatori e pasticcieri italiani producono questo dolce. È uno tsunami meraviglioso, un uragano incredibile, una rivoluzione.

Sente di essere stato un po’ il precursore di questa rivoluzione?
Eccome se lo sono stato! Oggi è una cosa usuale, normale, ma a quell’epoca – in cui mi prendevano davvero per matto – il panettone da pasticceria non lo faceva nessuno. Quando ho capito che in Sicilia acquisiva mercato, ho iniziato a portare il mio prodotto in giro per l’Italia, alle fiere e alle kermesse nazionali. Il primo container che abbiamo venduto a New York 20 anni fa ha fatto notizia in tutto il mondo. Da quel momento, la “Fiasconaro” è cresciuta sempre di più. Allo stesso tempo, hanno cominciato a crederci anche i miei colleghi. Oggi facciamo concorrenza alle grandi aziende che, da diverso tempo, si sono spostate dalla Lombardia a Verona. In Sicilia, ad esempio, ci sono centinaia e centinaia di pasticcieri e, quasi tutti, realizzano il prodotto nella loro bottega. Lo facciamo in tanti modi, mettendoci il cuore dell’agricoltura, quello che la nostra terra ci dona: utilizziamo gli agrumi, il marsala, lo zibibbo.

(…)

Inizialmente, i milanesi vedevano di buon occhio il panettone siciliano?
Solo all’inizio – ossia 30 anni fa – c’era titubanza: “Chi è questo terrone che fa il panettone?”, si chiedevano. Poi hanno capito che il prodotto era quasi più buono del loro. Oggi dire che il panettone “Fiasconaro” è consacrato a Milano è poco. Lo vogliono tutti e questa è la vittoria più grande: significa che piace soprattutto ai meneghini. Ma non da adesso, da oltre 20 anni.

Redazione