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In Italia la pasta è molto più di un alimento: è cultura, identità, tradizione. Eppure, anche questo pilastro della cucina tricolore oggi rischia di diventare un prodotto sempre più caro. A lanciare l’allarme è Assoutenti, l’associazione dei consumatori che, analizzando i dati del Ministero dell’Impresa e del Made in Italy, ha fotografato le forti differenze di prezzo tra le città italiane e, soprattutto, ha evidenziato una minaccia ben più ampia: l’imposizione di dazi del 107% sulle esportazioni di pasta verso gli Stati Uniti.

Palermo regina del risparmio: la pasta costa solo 1,33 euro al chilo

I dati parlano chiaro: Palermo è la città dove la pasta costa meno in assoluto. Un chilo di pasta di semola di grano duro viene venduto in media a 1,33 euro, contro una media nazionale di 1,84 euro. In cima alla classifica delle città più costose troviamo invece Pescara, con una media di 2,15 euro al chilo, seguita da Ancona (2,08 euro), Cagliari (2,05 euro) e Firenze (2,03 euro).

Roma sorprende: nella Capitale, il prezzo medio della pasta è 1,97 euro al chilo, più alto rispetto a quello registrato a Milano, dove il costo medio si ferma a 1,79 euro. Una fotografia che mostra un’Italia spaccata in due, anche a tavola.

Dalla guerra in Ucraina al caro energia: perché la pasta è aumentata

Ma come si è arrivati a questo scenario? Le cause dell’aumento sono molteplici e hanno radici profonde. Secondo quanto riportato da Assoutenti, “in base ai dati Istat, rispetto a settembre 2021, oggi un chilo di pasta costa in media in Italia il 24,2% in più“.

Dietro questi rincari ci sono fattori globali: la guerra in Ucraina, che ha inciso sull’approvvigionamento delle materie prime, la crisi energetica che ha gonfiato i costi di produzione, e l’inflazione generale che ha colpito tutta la filiera agroalimentare. Tutti elementi che hanno contribuito a trasformare un bene essenziale in un prodotto sempre meno accessibile per molte famiglie italiane.

Dazi Usa al 107%: una minaccia anche per i consumatori italiani

Il vero punto critico, però, arriva da oltre oceano. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato l’intenzione di imporre dazi del 107% sulla pasta italiana. Un provvedimento che, se attuato, avrebbe conseguenze non solo sulle esportazioni, ma anche sui prezzi al dettaglio all’interno dei confini italiani.

Oggi un chilo di pasta costa in media in Italia 1,84 euro – afferma Assoutenti – ed eventuali dazi imposti dagli Stati Uniti rischiano di provocare effetti anche sui listini praticati nel nostro Paese”.

Perché i dazi Usa fanno paura anche ai consumatori italiani

Il presidente di Assoutenti, Gabriele Melluso, lancia un avvertimento chiaro:
Un’eventuale imposizione di dazi al 107% sulla pasta italiana rischia di determinare nuovi rincari anche sul nostro territorio e le esportazioni verso gli Usa crollerebbero, portando a perdite per i produttori che, per recuperare i minori guadagni sul mercato statunitense, potrebbero rialzare i listini al dettaglio sul mercato interno, con danni economici evidenti per le famiglie italiane”.

In altre parole, se la pasta italiana dovesse diventare troppo cara per i consumatori americani, i produttori sarebbero costretti a compensare le perdite aumentando i prezzi in Italia. Un effetto domino che potrebbe colpire duramente proprio il carrello della spesa degli italiani, già provato dall’inflazione.

Un prodotto simbolo a rischio

La pasta è da sempre il simbolo dell’Italia nel mondo. Ogni anno, tonnellate di spaghetti, penne e fusilli varcano i confini nazionali per arrivare sulle tavole di tutto il mondo. Gli Stati Uniti rappresentano uno dei mercati esteri più importanti per i produttori italiani.

Un dazio così elevato non solo negherebbe l’accesso al mercato americano, ma metterebbe a rischio la sopravvivenza economica di tante piccole e medie aziende del settore. Un colpo al Made in Italy e alla competitività internazionale dell’intero comparto agroalimentare.

Le conseguenze concrete per le famiglie italiane

Per il consumatore italiano, già oggi messo alla prova dal rincaro generale dei beni di prima necessità, l’idea di dover pagare ancora di più per un piatto di pasta è difficile da accettare. Il rischio è quello di vedere aumentare ulteriormente il prezzo di uno degli alimenti base della dieta mediterranea, con un impatto diretto sulla spesa settimanale.

In uno scenario del genere, a soffrire sarebbero soprattutto le famiglie a basso reddito, per le quali anche pochi centesimi in più al chilo possono rappresentare una differenza sostanziale nel bilancio mensile.

Cosa possiamo aspettarci nei prossimi mesi

La situazione è in continua evoluzione. I dazi annunciati non sono ancora stati applicati, ma l’eventualità è concreta. Le associazioni dei consumatori come Assoutenti monitorano con attenzione l’andamento dei prezzi, e chiedono misure preventive per tutelare i cittadini.

Nel frattempo, le famiglie italiane fanno i conti con un mercato in cui la pasta è sempre meno “popolare” nel prezzo, ma resta centrale nella cultura alimentare. E in città come Palermo, dove il costo è ancora contenuto, si respira un senso di sollievo temporaneo. Ma anche lì, l’ombra dei dazi americani potrebbe presto farsi sentire.